2017-02-18 16:00:00

E' morto Michael Novak: sognava un capitalismo dal volto umano


E’ morto venerdì a Washington, all’età di 93 anni, Michael Novak. Era nato nel 1933 a Johnstown, in Pennsylvania. Teologo, filosofo, scrittore e diplomatico, Novak è stata una delle personalità più importanti nell’ambito del dibattito sul rapporto tra cattolicesimo, economia e società alla fine del XX secolo e l’inizio del XXI. Lo studioso americano elaborò una ridefinizione della nozione di "giustizia sociale" che affonda le proprie radici nel principio di sussidiarietà e nella società civile concepita come ‘contraltare dello Stato’. Al centro della sua indagine il concetto di persona di cui mette in luce la libertà, la laboriosità e la creatività. Forte il suo impegno perché il suo paese, l’America, rimanesse fedele alle radici cristiane. Il 4 maggio 1994, Novak fu insignito del 24.mo Premio Templeton per il progresso nella religione. Sul pensiero di Novak, Adriana Masotti ha sentito l’economista e storico del pensiero economico Luigino Bruni, docente all’Università LUMSA di Roma:

R. - Michael Novak è stato sicuramente un personaggio importante, un innovatore, una figura che ha messo in luce la persona, la responsabilità e quindi anche il tema dello Stato in rapporto alla persona, dicendo cose importanti. Soprattutto, ha rimesso al centro del dibattito l’etica religiosa – l’etica cristiana, cattolica nel suo caso – per capire il capitalismo. Lui in particolare, criticando un po’ e riprendendo Max Weber e la sua famosa “Etica protestante e lo studio del capitalismo”, ha detto che c’è un’etica cattolica nello spirito del capitalismo. Evidentemente, una personalità complessa che ha anche avuto molte critiche: più che la sua azione, magari per come è stato usato poi in America da un certo cattolicesimo più conservatore, che ha interpretato il lavoro di Novak facendolo diventare una sorta di legittimazione etica del capitalismo così com’è.

D. – Lui diceva che il capitalismo è il sistema economico più accettabile, anche se non il migliore dei mondi possibili. Quindi, secondo lei è stato troppo ottimista, troppo entusiasta, nel delineare questa libertà del mercato?

R. – Dobbiamo, come sempre, contestualizzare quel pensiero: Novak ha avuto come grande nemico intellettuale il comunismo e le varie forme di pianificazione statalista. Da questo punto di vista, se uno compara il comunismo sovietico con il capitalismo americano, non ci vuole molto a dire che quest'ultimo è un luogo dove molti valori cristiani sono rispettati e sono valorizzati. Certo, se Novak oggi dovesse valutare il capitalismo attuale, la linea che sta prendendo un certo capitalismo finanziario, individualistico che sta diventando la nuova religione del nostro tempo, pagana e anti-cristiana, sono convinto che sarebbe molto più dubbioso e molto più critico di quanto non sia stato nella sua carriera. Se pensiamo a Papa Francesco di oggi, non so come dovremmo rileggere queste tesi. Probabilmente, Papa Francesco racconta un cristianesimo più problematico in rapporto al capitalismo, e credo che Novak abbia avuto, nell’ultima parte della sua vita, un’evoluzione un po’ più critica, un po’ più scettica rispetto all'età giovanile.

D. – Tornerei al concetto di sussidiarietà: ecco, mi pare che questo sia di grande attualità, nel senso che mi pare che oggi nella società ci sia un fiorire di buone pratiche, di gruppi solidali, di iniziative di quartiere …

R. – Sì, anche qui dobbiamo essere onesti nei confronti di Novak, per rispettarlo. Cioè, la sussidiarietà è una categoria che nasce soprattutto in Europa. La sussidiarietà che conoscono gli americani del Nord è un po’ diversa: è molto lasciata al mercato. C’è anche lì questo concetto, ma l’errore che poi si è commesso negli ultimi 30 anni è pensare che il modo più corretto per prendere sul serio il principio di sussidiarietà fosse quello di lasciare al mercato il primo passo e immaginare tutto il resto come secondo, terzo, quarto passo, compresa la politica e il civile. Questa declinazione oggi è in profonda crisi, perché noi ci stiamo accorgendo che l’economia è diventata anti-sussidiaria. Ma qual è la base del principio di sussidiarietà? E’ il concetto di persona, come diceva Michael Novak, cioè è la persona che vive in quel contesto, dentro a quel problema che ha le risorse e le conoscenze, le competenze per affrontare il problema. In realtà, l’economia capitalista di oggi fa il contrario centralizzando sempre più le decisioni...

D. – Ma che ci sia una voglia di sussidiarietà nella società, si può dire?

R. – Assolutamente, è vero. Ma questa c’è nonostante l’economia, non grazie all’economia. C’è molta richiesta di sussidiarietà, ci sono molte forme che dicono protagonismo del civile, della gente; ma ripeto, questo sta accadendo nonostante il capitalismo attuale, non grazie ad esso.

D. – Quale può essere l’eredità che Novak lascia? Quale può essere uno spunto positivo che possiamo tenere presente?

R. – Ci sono molti spunti positivi, sicuramente uno dei punti di forza di Novak è stato che lui non ha mai avuto paura delle critiche. Quindi, una sua prima eredità è questa: l’onestà intellettuale. Seconda eredità, è prendere sul serio la fondazione religiosa del capitalismo, perché i problemi e le opportunità del capitalismo sono di natura teologica. Siccome la teologia non la studia più nessuno, a chi si occupa di economia sfuggono dimensioni fondamentali che invece potremmo capire se studiassimo di più la teologia. E infine, un terzo messaggio che lui porta, è il ruolo che ha l’economia per la vita buona. Novak ci ricorda che l’economia è troppo importante per lasciarla soltanto agli economisti. Se noi oggi riporteremo più teologi, più sociologi, più persone spirituali dentro le banche, dentro le imprese, se ci occuperemo di economia tutti e non solo gli economisti, forse il capitalismo del terzo millennio sarà più umano e più vicino a questo umanesimo che Novak voleva e che ha sognato e per il quale ha lavorato.








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