2017-02-21 14:31:00

Africa. Trump verso abrogazione legge sui minerali insanguinati


L’amministrazione americana è pronta ad abrogare il Dodd Frank Act, legge promossa e fatta approvare da Obama nel 2010 che obbliga le aziende a garantire che nessuno dei propri prodotti contenga minerali provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo e dai Paesi vicini, da sempre terre di conflitti. Si riapre così l’annosa e pericolosa questione dei cosiddetti minerali insanguinati la cui vendita alimenta di fatto il sistema economico di numerosi gruppi ribelli. Cecilia Seppia:

L’obiettivo di Donald Trump è piuttosto chiaro: favorire gli interessi nazionali, far ripartire l’economia, creare nuovi posti di lavoro e togliere alle aziende quotate in Borsa il cappio di oneri, controlli e spese legati alla tracciabilità dei materiali usati per i loro prodotti. Ecco perché è pronto ad abrogare il "Dodd Frank Act", riaprendo di fatto dopo anni l’importazione di alcune materie prime e “liberalizzando” il mercato dei minerali insanguinati che coinvolge Paesi come il Burundi, l’Uganda, il Ruanda ma soprattutto la Repubblica Democratica del Congo. Raffaello Zordan, giornalista della rivista comboniana Nigrizia:

"L’amministrazione Trump evidentemente non tiene conto del fatto che sul terreno, come ad esempio, nelle Repubblica Democratica del Congo, nel Nord Est in particolare, ci sono situazioni molto difficili dal punto di vista del lavoro e della qualità della vita su cui questa abrogazione potrebbe avere degli effetti ancor più devastanti. Questa amministrazione ritiene che non ci debba essere nessuna preoccupazione tra queste persone e che gli sforzi che ha fatto la Comunità internazionale, soprattutto la società civile, per arrivare a regolamentare questi famosi 'minerali dei conflitti' sia una perdita di tempo. Diciamo che in parte è una professione di realismo: Trump e i suoi consiglieri sanno che in molte di quelle aree la legge potrebbe anche tutelare, ma in realtà non tutela perché spesso è terra di nessuno e quindi dicono: 'Perso per perso, andiamo avanti così e cerchiamo di trarre dei benefici da una situazione che in fondo va a ricadere su persone che non sono cittadini, non sono considerati'”.

L’oro, il tungsteno, il tantalio e il coltan, metallo altamente ricercato perché alla base di prodotti tecnologici come smartphone, tablet e Pc, con il decreto di Trump saranno dunque di nuovo estratti, lavorati e venduti in modo incontrollato, finanziando di fatto i numerosi conflitti armati che insanguinano e affamano la popolazione e tutti quei gruppi ribelli che fanno del commercio illecito di materie prime la loro principale fonte di sostentamento economico. Ma se da un lato il governo di Kinshasa trema al solo pensiero, il Ruanda, desideroso di risollevare le sue finanze fa già il tifo per Trump. Ancora Zordan:

"Da un lato, parliamo del Congo, abbiamo un Paese che doveva andare alle elezioni l’anno scorso - probabilmente non ci andrà nemmeno quest’anno - con un presidente che vuole stare a cavallo anche se ha già fatto due mandati e la Costituzione gli impedisce di fare il terzo, un esercito un po’ allo sbando che non si sa come reagirà, e i vescovi congolesi che stanno lavorando pazientemente per ricucire un dialogo politico ed arrivare finalmente a fare un voto senza spararsi addosso e la zona dei minerali insanguinati, cioè il Nord e Sud Kivu, che può alimentare scontri, tensioni, in questa fase. Non mi pare che sia una scelta che vada a vantaggio del Congo; sicuramente no. Andrà a vantaggio magari dell’Uganda e del Ruanda che è alleato degli Stati Uniti negli ultimi venti anni e sta  facendo tutto un suo processo di modernizzazione dell’economia, però rimane comunque un Paese piccolo, con dei problemi di democrazia evidenti e che guarda al Congo come il proprio giardino di casa e quindi approfitta di ogni sua debolezza. Mi auguro però che l’Europa, che ragiona con dei parametri diversi su quell’area dell’Africa in generale e sui minerali della guerra, abbia un atteggiamento di chiusura per far riflettere l’amministrazione Trump che naturalmente è autonoma e farà un po’ quello che vuole. Però, insomma, bisognerà vedere se l’alleato Kagame, presidente del Rwanda, non farà troppo il padrone di casa come già sta facendo in quell’area. All’Europa credo che questo non vada bene".

La mano libera degli Usa sui minerali di conflitto, almeno da qui ai prossimi due anni, preoccupa le Ong nazionali e internazionali, fa storcere il naso all’Ue, perciò Trump rassicura proponendo soluzioni alternative e norme che rompano il legame tra gruppi ribelli e commercio di minerali: in particolare si parla di individuare persone e soggetti che violano la legge e i diritti umani, soluzione difficile da immaginare in contesti come il Congo in cui lo stupro viene ancora usato come arma di guerra. Zordan:

"Nessuno è mai riuscito a controllare i vari focolai di ribellione che ci sono nel Nord-Est della Repubblica democratica del Congo. Sono situazioni alimentate, provate da documenti Onu e non da fantasie. Ci sono state delle guerre negli ultimi venti anni per questa ragione. Quindi pensare adesso di mettersi a tavolino o meno e cercare di regolamentare i gruppi ribelli è una cosa che non sta né in cielo né in terra. L’unica cosa che può regolamentare i gruppi ribelli è che nel Kivu ci sia effettivamente sovranità della Repubblica democratica del Congo - che ad oggi non c’è o è parziale - e che a Kinshasa ci sia uno Stato centrale serio, più attento a quei temi di quello che è stata l’amministrazione Kabila e che arrivi a trattare politicamente con ciascuno di questi gruppi, alcuni dei quali vanno naturalmente anche fermati, disarmati; con gli altri si può ragionare, vedere, valutare".








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