2017-02-24 14:04:00

Chiusa fase diocesana per la beatificazione di Benedetto XIII


Un Pontefice che amava stare tra la gente, dalla vita semplice e umile. Così il postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione di Benedetto XIII, Paolo Vilotta, ha tratteggiato la figura di Papa Pierfrancesco Orsini, vissuto a cavallo tra il ‘600 e il ‘700. Oggi presso il tribunale diocesano di Roma, dopo 5 anni, si è conclusa la fase dell’inchiesta, gli atti ora passeranno alla Congregazione per le Cause dei Santi. Ce ne parla Benedetta Capelli:

“Camminare con i piedi per terra ma con lo sguardo rivolto sempre verso l’alto”. Si può sintetizzare così la vita di Pierfrancesco Orsini nato a Gravina di Puglia nel 1650 da una nobile famiglia e morto da Papa, con il nome di Benedetto XIII, a Roma nel 1730. Paolo Vilotta, postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione:

“Dal mio punto di vista, sicuramente, lui comincia già con qualcosa di straordinario. Ricordiamo che lui proviene da una famiglia nobile del Sud Italia, da Gravina di Puglia; lì il suo approccio con la vocazione non è stato quello carrieristico, ma lui scelse il cammino dei mendicanti – diventando una frate domenicano – andando contro i voleri della famiglia nobile, perché questa non era una scelta prestigiosa”.

Comincia dunque con una scelta controtendenza la sua vita religiosa che poi si espresse, con il tempo, nell’ostilità per il carrierismo. Ascetico, ma anche pratico, uomo di grande cultura divenne docente di filosofia per i giovani professi domenicani.  

“La sua grandezza nella sua vita è questa impronta forte come vescovo e allo stesso tempo lui era una persona profondamente di preghiera che si affacciava al popolo che voleva essere presente. Si dedicava davvero alla Chiesa; era sempre presente, aiutava concretamente i poveri. Quando è stato vescovo a Benevento si è preoccupato proprio delle norme da far attuare, ad esempio, per la gestione agricola. E lo stesso fece anche nelle altre diocesi: a Cesena, a Manfredonia. Tutto questo lo ha reso “un vescovo speciale”.

Fu sua l’intuizione di creare un monte frumentario, una sorte di credito agrario,  accompagnato poi dalla riorganizzazione degli enti ecclesiastici e delle norme canoniche. Lo spirito di dedizione per gli altri si espresse nell’organizzare i soccorsi e l’assistenza dopo due devastanti terremoti che colpirono Benevento nel 1688 e nel 1702. Vescovo presente, vero uomo di Dio tanto da essere chiamato “il Borromeo del mezzogiorno”, divenne cardinale a soli 22 anni contro la sua volontà e poi Papa nel 1724 ma il suo spirito non cambiò:

“Sono tantissime le testimonianze che lo ricordano come uomo di preghiera, uomo che meditava, uomo che personalmente andava per le chiese di Roma come Papa  - e non solo a Roma - per consacrare altari, per stare vicino alla gente, un uomo estremamente di cultura di grandissima cultura. Evangelizzatore, in questa evangelizzazione c’era sempre un carattere molto misericordioso”.

Incoraggiò i missionari francescani, domenicani, cappuccini e anche i gesuiti soprattutto verso l’America e l’Asia. Il suo esempio di vita, in un momento storico di cambiamento per il papato, resta oggi ancora attuale nonostante siano passati diversi secoli e nonostante alcune critiche dei suoi contemporanei:

“Aveva la preoccupazione di avere una mano forte sul governo della Chiesa mantenendo sempre presente il gregge. Lui si è distinto in un’epoca in cui il papato non si svolgeva proprio in questo modo.. Mantenne questo forte legame sempre sia da vescovo e poi da pontefice con il suo essere religioso, quindi con il suo essere frate dominicano. Non lo dimenticò mai. Aveva auesto camminare con i piedi per terra ma rivolto sempre con lo sguardo verso l’alto e questo gli diede la forza di stare vicino alla gente. Venne amato da tutti”.








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