2017-02-25 12:08:00

Papa ai parroci: siate vicini alle coppie in ogni situazione


Siate vicini alle coppie in ogni situazione: alle unioni celebrate in Cristo come alle unioni civili, alle famiglie felici e infelici. E’ quanto chiede il Papa nel discorso ai partecipanti al corso di formazione, per i parroci, sul nuovo processo matrimoniale, promosso dal Tribunale della Rota Romana. Il corso ha preso il via mercoledì scorso e si conclude oggi. Francesco, che ha ricevuto i partecipanti stamani in Vaticano, ribadisce la necessità di una lunga preparazione al matrimonio, da vivere non come un fatto sociale ma come vero Sacramento. Il servizio di Debora Donnini:

I parroci sono chiamati ad essere “compagni di viaggio”, che testimoniano e sostengono le persone, in ogni situazione:

“Nessuno meglio di voi conosce ed è a contatto con la realtà del tessuto sociale nel territorio, sperimentandone la complessità variegata: unioni celebrate in Cristo, unioni di fatto, unioni civili, unioni fallite, famiglie e giovani felici e infelici”.

Nella maggior parte dei casi, infatti, i parroci sono i primi interlocutori dei giovani che desiderano il Sacramento del matrimonio. Non solo. A loro si rivolgono i coniugi che hanno seri problemi e hanno bisogno di riscoprire la grazia del Sacramento.

Il corso di formazione sul nuovo processo matrimoniale era indirizzato infatti proprio ai parroci, con l’obiettivo di approfondire quanto proposto nel Sinodo sul tema “Matrimonio e famiglia”, poi recepito e integrato nell’Esortazione Apostolica "Amoris laetitia" e quindi tradotto nei due specifici provvedimenti, i Motu proprio Mitis Iudex e Misericors Jesus. Il Papa quindi loda queste iniziative di studio.

Catecumenato per sposi: preparare i fidanzati e poi seguire le giovani coppie
La prima cosa che Francesco chiede è che si testimoni la grazia del Sacramento del matrimonio fra uomo e donna, sia nella preparazione per i fidanzati sia, poi, nell’accompagnare le giovani coppie, aiutandole a vivere “nei momenti di gioia e in quelli di fatica”:

“Ma io mi domando, quante volte o quanti di questi giovani che vengono ai corsi prematrimoniali capiscano cosa significa ‘matrimonio’ e il segno dell’unione di Cristo e la Chiesa. ‘Sì, sì’, dicono di sì; ma capiscono, questo? Hanno fede in quello? Sono convinto che ci voglia un vero catecumenato per il Sacramento del matrimonio e non fare la preparazione con due o tre riunioni e poi andare avanti”.

Francesco chiede quindi ai parroci di realizzare questo catecumenato dei futuri sposi. Una necessità già espressa nel recente discorso alla Rota Romana:

“Vi incoraggio ad attuarlo nonostante le difficoltà che potrete incontrare. Credo che la difficoltà più grande sia pensare o vivere il matrimonio come un fatto sociale – ‘noi dobbiamo fare questo fatto sociale’ – e non come un vero Sacramento che vuole una preparazione lunga. Lunga”.

Il matrimonio è “icona di Dio”. L’amore di Dio Uno e Trino e l’amore fra Cristo e la Chiesa devono essere quindi al centro della catechesi matrimoniale.

Non presentarsi come esperti di norme giuridiche
Bisogna anche sostenere quanti si sono resi conto che “la loro unione non è un vero matrimonio sacramentale e vogliono uscire da questa situazione”:

“In questa delicata e necessaria opera fate in modo che i vostri fedeli vi riconoscano non tanto come esperti di atti burocratici o di norme giuridiche, ma come fratelli che si pongono in un atteggiamento di ascolto e di comprensione”.

Vicinanza ai giovani che convivono senza sposarsi
Francesco chiede poi di farsi prossimi e accogliere quei giovani che preferiscono convivere senza sposarsi. “Sono fra i poveri e i piccoli”, verso i quali la Chiesa vuole essere madre che non abbandona:

“Anche queste persone sono amate dal cuore di Cristo. Abbiate verso di loro uno sguardo di tenerezza e di compassione. Questa cura degli ultimi, proprio perché emana dal Vangelo, è parte essenziale della vostra opera di promozione e difesa del Sacramento del matrimonio”.

La parrocchia è infatti il luogo, per antonomasia, della salvezza delle anime, come insegnava il Beato Paolo VI. Bisogna quindi essere ministri di consolazione specialmente fra le persone più fragili.








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