2017-02-25 12:39:00

Siria: attentati ad Homs rivendicati da gruppi qaedisti


Sono stati rivendicati dal ramo di Al Qaeda in Siria, il fronte Fateh al-Cham, gli attentati di questa mattina ad Homs, che hanno provocato oltre 40 vittime, tra cui il capo dell'intelligence militare, il generale Hassan Daaboul. Gli attentati hanno colpito le basi della sicurezza nella città occidentale, la terza della Siria, in particolare i quartier generali delle forze dell'ordine statali e dei servizi segreti militari e civili. Ad entrare in azione, almeno sei terroristi e alcuni di loro si sono fatti saltare in aria. Giada Aquilino ne ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

R. – Con le difficoltà di gestire e mantenere il controllo del territorio e con l’avanzata delle forze lealiste di Assad e i loro alleati, si ritorna alla strategia degli attentati in particolare nelle zone riconquistate. E i servizi di sicurezza sono poi un vero centro nevralgico, ancora forse più delle forze armate, del potere alawita, cioè della minoranza religiosa che controlla la Siria e di cui fa parte il presidente Assad.

D. - Qual è il ruolo strategico di Homs?

R. – Homs è stata la prima grande riconquista da parte del regime e ha segnalato forse una certa inversione di tendenza nel conflitto. Assieme ad Aleppo, è non solo una città simbolo della Siria, ma controlla delle vie strategiche per la base di Tartous, tenuta dalle forze russe: è l’unica base russa nel Mediterraneo; e soprattutto porta anche verso Damasco, verso il nord del Libano. Quindi era fondamentale per il regime controllarla.

D. – Qual è la storia del gruppo di qaedisti del fronte Fateh al-Cham, che ha rivendicato le azioni?

R.  – Si tratta di una serie di gruppi jihadisti che sono spin-off del fronte Jabhat al-Nusra, struttura di Al Qaeda. Crescendo lo Stato Islamico e con le evidenti penetrazioni dei gruppi radicali jihadisti dentro l’opposizione ad Assad, c’è stata tutta una serie di pressioni affinché alcuni gruppi si dessero una “ripulita” almeno formale. Fateh al-Cham è dunque uno spin-off di al-Nusra, per renderlo più presentabile, più digeribile all’opinione pubblica occidentale.

D.  – E che legami hanno con il sedicente Stato islamico?

R. – Ideologicamente seguono un modello assolutamente diverso di jihadismo globale, ma pur sempre fanno parte del fronte jihadista. Jabhat al-Nusra e lo Stato Islamico, pur essendo legati all’ideale jihadista, si sono a lungo combattuti anche se non sono mancate a volte convergenze tattiche. Ma stiamo parlando di formazioni che sono rivali proprio perché portano lo stesso messaggio jihadista, seppur in modo diverso.

D. – Nel frattempo, a Ginevra, l’Onu cerca di far ripartire i colloqui intra-siriani dopo dieci mesi di pausa: qual è la situazione?

R. – Bisogna avere il coraggio di essere ottimisti, ma anche quello di essere realisti. Questi colloqui si trascinano stancamente: mentre da parte filo-Assad c’è una strategia chiara – e cioè vincere la guerra – da parte occidentale c’è una confusione cosmica, che mi sembra accentuata anche dal nuovo presidente statunitense. E soprattutto ci sono Paesi come l’Arabia Saudita e i Paesi arabi sunniti che continuano con le loro politiche molto ambigue: dicono di sostenere l’opposizione moderata, che non si capisce quale sia, e in realtà trafficano con i gruppi più radicali. Non sono disposti ad accettare gli iraniani come interlocutori e, se non si accettano come interlocutori, non si va da nessuna parte, visto che Hezbollah e le milizie sciite, sia in Iraq sia in Siria, sono decisive.








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