2017-02-25 15:00:00

Vescovi Sudafrica: Paese resti nella Corte penale internazionale


Il Sudafrica non esca dalla Corte penale internazionale (Cpi): questo l’appello lanciato da mons. Abel Gabuza, presidente della Commissione episcopale sudafricana per la Giustizia e la pace, dopo che il governo locale ha annunciato l’intenzione di lasciare la Cpi, a causa delle critiche subite per non aver arrestato il presidente sudanese Omar al Bashir durante una visita a Johannesburg. Contro Al Bashir la Cpi aveva spiccato un mandato di arresto per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella regione del Darfur.

Decisione del governo, bocciata dall’Alta Corte di Pretoria
La decisione dell’esecutivo sudafricano è arrivata senza l’approvazione del Parlamento locale e per questo l’Alta Corte di Pretoria l’ha bollata come incostituzionale, invitando presidente e ministri a “presentare immediatamente comunicazione di recesso”. “Ribadiamo il nostro appello al governo  - sottolinea mons. Gabuza - a restare all’interno della Cpi, almeno fino a quando l’Africa non avrà sviluppato una sua Corte regionale efficace, con la capacità e la volontà di chiedere conto delle responsabilità di tutti i funzionari e dirigenti statali, ed in particolare dei rappresentanti di governo”.

Il Protocollo di Malabo
Invece di spendere soldi per impugnare la sentenza dell’Alta Corte, quindi – è l’auspicio di mons. Gabuza – il governo sudafricano dovrebbe investire le sue risorse ed i suoi sforzi “nella mobilitazione di altri Paesi africani per assicurarsi che un numero sufficiente di Stati membri ratifichi il Protocollo di Malabo che istituisce una Corte africana di Giustizia e dei diritti umani”.

Occorrono riforme urgenti ed efficaci
Elaborato nel 2014 dall’Unione Africana, tale protocollo è stato ratificato, finora, solo da 11 dei 54 Stati africani membri dell’Ua. Infine, il presule esorta il governo sudafricano a dare ascolto “ai ripetuti appelli per riforme urgenti ed efficaci”. (I.P.)








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