2017-03-01 14:29:00

Utero in affitto. Mantovano: giudici stravolgono diritto minorile


La Corte d’Appello di Trento, con il riconoscimento del legame genitoriale di due uomini con i bambini ottenuti all’estero attraverso la maternità surrogata, sdogana l’utero in affitto e l’adozione omosessuale ignorando i divieti della legge 40 e calpestando la legislazione sulla famiglia tutta rivolta al supremo interesse del minore. L’ordinamento minorile è infatti da sempre basato sul dato naturale della duplicità maschio/femmina. E' quanto afferma Alfredo Mantovano, vicepresidente del Centro studi Rosario Livatino, al microfono di Marco Guerra:

R. – I giudici di Trento non lo richiamano al sostegno della loro decisione, infatti “l’interesse del minore” significa innanzitutto avere due figure distinte di riferimento come genitori. Il nostro ordinamento, da sempre, ha come base il “maschio-femmina” come riferimento di genitori, cioè la duplicità di figure che sono tra loro complementari. Qui arriviamo all’estremo opposto, cioè alla duplicazione della stessa figura, e questo certamente non va a vantaggio del minore.

D. - Poi ci sono stati pronunciamenti della Corte Europea e dei tribunali italiani che vanno proprio nella direzione opposta quella dei giudici di Trento. Possiamo ricordarli?

R. - La Corte Europea dei Diritti dell’uomo sul punto non ha preso una posizione che sia vincolante, ma ha demandato alla legislazione e alla giurisprudenza fondata su questa legislazione dei singoli Stati. Non si può approfittare di una legge che dice il contrario e di una decisione della Corte dei diritti che lascia questa possibilità di disciplina a ciascuno degli Stati membri, per stravolgere il sistema e fare un’affermazione che ha un tasso di ideologismo assoluto.

D. - In questo modo si mortifica anche l’istituto dell’adozione: perché aspettare anni per aver un bambino quando basta rivolgersi al mercato dell’utero in affitto...

R. - Questo, con una decisione del genere, si pone contro decenni di prassi assolutamente corretta dei giudici minorili, ai quali semmai si è rimproverato finora di chiedere troppo, cioè di chiedere standard nei genitori di sesso diverso, certamente superiore rispetto alla norma, ma comunque si sono mossi provando ad immaginare per il minore una situazione il più possibile vicina a quella di una famiglia formata da papà e da mamma. Questa decisione è una sorta di bomba messa all’interno dell’ordinamento minorile e lo fa saltare in aria.

D. – E' una sorta di corsia preferenziale rispetto a quelle pratiche che ha accennato lei e che appunto, oltretutto, legittimano l’utero in affitto …

R. - Nell’ordinanza si mettono le mani avanti e si dice che la questione affrontata non è quella dell’utero in affitto che resterebbe fuori. In realtà se una persona va all’estero, sceglie uno Stato al cui interno la pratica dell’utero in affitto è ammessa: l’ostacolo che ha - una volta rientrato in Italia - è quello della registrazione, come è proprio del bambino nato da questa pratica. L’ordinanza toglie questo ostacolo e quindi di fatto rende possibile cogliere, anche in Italia, gli effetti giuridici.

D. - È possibile poi che questo porti ad una legittimazione in Italia?

R. - Se cominciamo a lanciare picconate contro gli istituiti che nessuno, almeno a parole, vuole eliminare, alla fine questi crollano.

D. - Come si può scongiurare questa deriva del diritto?

R. - Intanto rendendosi conto di che cosa è in gioco: sono in gioco su fronti vicini l’interesse della tutela della vita e su questo fronte la crescita del minore, una sana educazione e integrità della famiglia. Allora, se tutto questo è vero, non bisogna accontentarsi di volta in volta di rispondere a decisioni giudiziarie che non si condividono o che sono oggettivamente contrarie al nostro ordinamento. Bisogna rilanciare e costruire in positivo quello che probabilmente manca, cioè un ordinamento formato famiglia e formato vita fin dalle sue basi costituzionali che probabilmente hanno bisogno oggi di precisare ciò che 60 anni fa veniva dato per scontato.








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