2017-03-05 14:11:00

Iraq, 45mila sfollati da Mosul ovest. Sako: occorre conversione


In Iraq, le forze governative guadagnano terreno nell’offensiva per liberare Mosul ovest dal sedicente Stato islamico. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni parla di oltre 45mila civili fuggiti. Il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael I Sako, testimonia la loro difficile condizioni nei campi allestiti fuori dalla città. Il servizio di Elvira Ragosta:

Ancora una giornata di combattimenti nella zona ovest di Mosul. Secondo un comandante iracheno della polizia federale si tratta degli scontri più pesanti registrati dall’inizio dell’offensiva per liberare la parte della città ancora occupata dal sedicente Stato islamico.  Le truppe irachene si dirigono verso gli edifici governativi di Mosul ovest. I miliziani dell’Is hanno risposto finora con una raffica di almeno sei kamikaze, a bordo di altrettante autobomba, ma sono stati intercettati ed eliminati prima che colpissero i loro obiettivi. E cresce la preoccupazione per i civili: l’Organizzazione mondiale per le migrazioni parla di almeno 45mila persone costrette a lasciare Mosul ovest dall’inizio dell’offensiva governativa, per dirigersi verso i campi allestiti nei dintorni della città. L’esodo è stato particolarmente alto il 28 febbraio, con più di 17mila sfollati, e poi il 3 marzo, quando sono state 13mila le persone scappate. Per una testimonianza dall’Iraq, abbiamo raggiunto telefonicamente il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael I Sako:

R. – E’ una situazione tragica, perché sotto le tende, nel deserto, non c’è luce, elettricità, manca anche l’acqua, il cibo e tutte le condizioni per una vita dignitosa. Loro si aspettano tutto dagli altri e gli aiuti mancano. Poi, adesso è inverno ancora e nel deserto fa più freddo, soprattutto durante la notte. Questa gente ha paura di non ritornare nelle sue case, hanno paura della vendetta … E’ una situazione veramente brutta e di attesa, senza sapere quando e come questa guerra finirà.

Parte degli sfollati di Mosul ovest ha trovato riparo nei giorni scorsi anche nella parte est della città già liberata dai governativi. Intanto, nell’intero Iraq, si attende la fine dell'incubo dell'Is e il ritorno della pace. Ancora il patriarca Sako:

R. – Io penso che ci voglia la conversione di tutti: la conversione alla pace, al perdono, lasciare la vendetta, ricostruire il Paese, pensare al bene comune. C’è un futuro, ma il futuro non è magico: bisogna farlo insieme. Io sto a Baghdad, adesso, penso che ci sia qualcosa che si muove per il bene. Venerdì scorso tanti giovani sono venuti da Najaf – sono sciiti – a fare la Via Crucis con noi, e questo è nuovo! Poi, ci sono qui e lì segni di speranza. Speriamo che dopo la liberazione di Mosul possa esserci la riconciliazione e l’unità, l’unità basata sulla patria. Noi tutti siamo una famiglia umana, la religione è una cosa personale, la fede non deve costituire una barriera tra noi. Dunque, c’è qualcosa che ci unisce: la patria, ma anche la natura umana. Tutto questo aiuta anche a guardare al futuro …








All the contents on this site are copyrighted ©.