2017-03-09 11:00:00

Mons. Iacobone: nella Chiesa serve educarsi alla bellezza


Al via oggi a Verona e Vicenza un convegno nazionale sul patrimonio religioso culturale da conoscere, conservare e valorizzare. L'evento è promosso dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Santa Maria di Monte Berico”. In un’epoca che ha smarrito il senso del bello, la formazione del clero e degli artisti è prioritaria. Lo spiega uno dei partecipanti, mons. Pasquale Iacobone, responsabile del dipartimento Arte e Fede del Pontificio Consiglio della Cultura che a Verona presenta il progetto “Educarsi alla bellezza” avviato dal dicastero vaticano in collaborazione con la Cei. Paolo Ondarza gli ha chiesto quali sono le finalità del convegno:

R. – Innanzitutto serve a sensibilizzare l’opinione pubblica su un ambito che spesso viene trascurato o dimenticato: quello dei cosiddetti “beni culturali ecclesiastici”. Il Papa più volte si è soffermato a dire che – pittura, scultura, architettura, musica -  tutto questo fa parte del nostro Dna, come cristiani e come Chiesa.

D. – C’è bisogno oggi di un’educazione, di ripensare ad un approccio nuovo alla bellezza?

R. – Credo di sì. Tutti siamo coinvolti in un dinamismo di formazione e di educazione alla bellezza. Se non siamo più capaci di percepire la bellezza in tutte le sue forme, non saremo neanche più capaci di percepire quella che Benedetto XVI continuamente chiamava la “bellezza del Vangelo”, la “bellezza della fede”, la “bellezza dell’amicizia di Cristo”. Se non si hanno più gli occhi, il cuore, la sensibilità adatte, anche la fede diventa morta, diventa qualcosa di non attraente, prima per noi e poi anche per chi ci sta accanto.

D. – C’è il rischio oggi di confondere ciò che è bello con ciò che non lo è?

R. – La necessità di un’educazione, di una formazione, anche in ambito ecclesiale, è importante, perché viviamo in un momento di estrema confusione, dove il brutto è diventato bello e viceversa. E questo purtroppo anche all’interno delle nostre chiese; il Papa lo ha ricordato: abbiamo bisogno di chiese dove si respiri il senso della bellezza, che siano oasi di bellezza, di pace, di comunione anche nei quartieri di periferia, anche nelle situazioni di degrado. Non siamo più abituati, e tanti media il più delle volte ci invogliano a scegliere le cose più brutte, più degradate, soltanto perché “fanno tendenza”.

D. – E la via della bellezza – la “via pulchritudinis” – è stata indicata da sempre dalla Chiesa come strada da percorrere per conoscere il Bello, e quindi conoscere Cristo, conoscere il Vangelo…

R. – Dovremmo risalire a Paolo VI e a San Giovanni Paolo II per avere tanti riferimenti importanti. Ci sono stati continui appelli agli artisti perché siano testimoni di bellezza e annunciatori di speranza e fiducia in un mondo che sprofonda – purtroppo – nel degrado e nella bruttezza. Solo che gli artisti oggi forse non hanno gli strumenti adeguati per entrare in questa logica, in questa visione. Dobbiamo essere noi, come Chiesa, ad aiutarli, con l’educazione, la formazione, con questo “educarsi” a ritrovare insieme le vie della bellezza.

D. – Particolarmente nel suo intervento al Convegno lei si sofferma sulla continuità che c’è tra i due ultimi Pontificati, quello di Papa Benedetto XVI e quello attuale di Papa Francesco…

R. – C’è una continuità tra Benedetto XVI, che era in qualche maniera anche un artista appassionato di musica, e Papa Francesco che sottolinea continuamente l'unione profonda tra verità, bontà e bellezza. Se si elimina uno di questi tre elementi, il tavolo cade. E quindi è importante che anche la carità sia bella, per ridestare il senso della dignità umana anche in chi sembra, nella sua bruttura – nella sua bruttezza – il più degradato degli uomini. La dignità dell’uomo passa attraverso la bellezza della sua identità e del suo volto.

D. – Alla mancanza di dignità, che talvolta si registra in alcuni contesti del mondo, e –  possiamo dire – alla mancanza di bellezza in tante parti del mondo, corrisponde una sete di bellezza, e quindi un terreno fertile per l’evangelizzazione attraverso il bello?

R. – Io credo di sì: c’è una sete di pace, di speranza. Come ricordava tante volte anche lo stesso Benedetto XVI, speranza e bellezza sono legate indissolubilmente. Se c’è un sogno, un desiderio di bellezza, c’è speranza. Se non si spera più niente di bello per la propria vita, la speranza è morta, e dunque prevale il degrado, l’ingiustizia, il male, dentro e fuori di noi.








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