2017-03-11 15:00:00

Grande gioia in Colombia per la visita del Papa, missionario di pace


Grande gioia in Colombia per l'ufficializzazione della notizia che Papa Francesco visiterà il Paese sudamericano dal 6 all'11 settembre prossimi. Il Pontefice argentino è considerato uno dei protagonisti del delicato processo di pace che, dopo oltre 50 anni di conflitto, ha visto il raggiungimento di una intesa tra governo e i guerriglieri marxisti delle Forze armate rivoluzionarie. Gli ex ribelli hanno iniziato il disarmo. Sul significato che ha questa visita del Santo Padre, Roberta Barbi ha intervistato il prof. Gianni La Bella, docente di Storia contemporanea all'Università di Modena e Reggio Emilia, che per conto della Comunità di Sant’Egidio sta seguendo la situazione in Colombia:  

R. – Il significato di questo viaggio di Papa Francesco in Colombia, è ovviamente, duplice: da un lato visitare una Chiesa dalla quale ha ricevuto naturalmente questo invito, ma soprattutto, credo, dare il suo forte e appassionato contributo alla questione della pace. Il Papa si recherà per una settimana in Colombia e visiterà Bogotà, Villavicencio, Medellín e Cartagena. Villavicencio è uno dei grandi luoghi dove il conflitto - la guerra - tra lo Stato e i guerriglieri delle Farc è stato più violento. È un viaggio molto importante e in certo senso può essere simbolizzato dal logo, dal motto, che è stato scelto per questa visita: “Demos el primer paso”, cioè fare insieme il primo passo. C’è raffigurato il Papa che cammina proprio a voler trascinare, in un certo senso, tutta la Chiesa latino-americana e in particolare quella colombiana nel rendere la pace forte, permanente, nella vita del Paese, e farla vivere da ogni cittadino colombiano.

D. - Il contributo fondamentale di Francesco alla pace è riconosciuto da tutti. A che punto sono i negoziati?

R. - Sono a buon punto, nel senso che si sta progressivamente implementando l’accordo di pace attraverso una serie di legislazioni speciali che il Parlamento ha approvato; sono stati approvati questi campi di transizione, dove i guerriglieri nella maggior parte si sono già recati e hanno già abbandonato le armi. Dall’altro lato si stanno approntando una serie di misure legislative per il ritorno dei cosiddetti “militanti di base”, quelli che non sono considerati responsabili di particolari crimini. Quindi - certo con tutte le fatiche del caso - ma il processo sta andando avanti con una discreta serenità.

D. - Nel dicembre dello scorso anno il Pontefice ha ricevuto a sorpresa in Vaticano il presidente colombiano Santos e il suo principale oppositore Uribe, sostenitore del “No” agli accordi. Oltre alle Farc, in Colombia, prosegue anche il dialogo con l’Esercito di liberazione nazionale …

R. - Questo dialogo è stato ufficialmente avviato non meno di un mese fa, si svolge a Quito ed è articolato in modo analogo a quello delle Farc: c’è una delegazione del governo e una dell’Eln che hanno cominciato un processo di dialogo molto intenso e molto costruttivo che fino ad ora, da entrambe le parti, è stato riconosciuto in modo fortemente positivo. Certo: è un dialogo iniziato da poco più di un mese quindi avrà bisogno di tempo per giungere alla sua conclusione, ma sia l’Eln che il governo hanno dimostrato chiaramente la loro determinazione ad andare in porto e quindi di arrivare – chissà, forse per la visita del Papa - a un accordo. Il tempo a disposizione non è molto, però questo teoricamente potrebbe essere possibile.

D. - Lei all’inizio ricordava che Papa Francesco ha risposto ad un invito dei vescovi colombiani. Qual è il ruolo della Chiesa colombiana nelle trattative per la pace?

R. - La Chiesa colombiana ha seguito sempre con grande attenzione, ovviamente, il processo di pace e in questo particolare frangente, per esempio con l’Eln ha nominato una commissione di cinque vescovi presieduta dall’arcivescovo di Cali, mons. Darío Monsalve, che segue in modo ravvicinato questo processo di dialogo. Credo che la Chiesa oggi abbia più che mai un ruolo fondamentale nel garantire un processo di pace perché è l’unica grande organizzazione presente in ogni angolo del Paese e sul territorio che può far diventare attraverso tutte le sue attività, le sue scuole, le parrocchie, tutte le infinite opere sociali, luoghi, laboratori dove aiutare i colombiani a vivere questo processo di riconciliazione, a voltare pagina, e soprattutto a lasciare da parte ogni forma di rancore e di odio per abbracciare a piene mani questo dono che la storia ha fatto a questo Paese che potrà rappresentare per la Colombia l’inizio di una nuova pagina della sua storia.

D. - Il Papa visiterà il Paese come “missionario di riconciliazione”, invitando ogni colombiano a fare la propria parte. Ma come si rialzerà la Colombia da un conflitto durato oltre 50 anni e con migliaia di morti?

R. - La Colombia è un Paese forte, innanzitutto perché è riuscito a convivere con questa tragedia per oltre 50 anni. Ogni colombiano ha - per lo meno nella sua famiglia - una persona che è stata toccata direttamente da questa tragedia della guerra. È un Paese che ha grandi potenzialità dal punto di vista sociale ed economico. Credo che la via per evitare che questo passato incomba, i colombiani devono percorrere un cammino nuovo che passi attraverso, in un certo senso, la “purificazione” di questa memoria riconoscendo quello che è avvenuto, ma trovando la forza di operare una rigenerazione nazionale. Presto in Colombia saliranno nella vita del Paese nuove generazioni che non hanno conosciuto la convivenza con questa terribile situazione e questo aiuterà, come in tanti altri Paesi del mondo, a entrare in un’era nuova. 








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