2017-03-14 14:50:00

Dossier Caritas Siria sui giovani: "Come fiori tra le macerie"


Alla vigilia del sesto anniversario dell’inizio della guerra in Siria, la Caritas italiana e Caritas Siria  in collaborazione con Avsi, Engim e Vis hanno presentato oggi il terzo Dossier, con dati e testimonianze, dal titolo “Come Fiori tra le macerie”. Si tratta di 132 interviste a operatori volontari, educatori, catechisti e insegnanti, che lavorano con i giovani rimasti in Siria e parlano dei loro problemi e delle loro aspirazioni. Ne emerge un quadro che pur nella sua drammaticità lascia aperti spiragli di speranza. Alla presentazione per noi, c’era Gabriella Ceraso:

I fiori sono i giovani, le macerie sono la realtà in cui vivono. Il Dossier serve a non chiudere gli occhi: parte da sei anni fa seguendo l'escalation di quella che in origine fu una rivendicazione di pane da mangiare, poi divenne un conflitto regionale e ora è internazionale e complesso. I dati: al 2015 si contavano 470mila morti e poi 13 milioni e mezzo di persone bisognose di assistenza, tra cui oltre 5 milioni sono bambini, 5 milioni sono i profughi all’estero, oltre 6 milioni gli sfollati interni per i quali la Siria ha superato il record finora segnato dalla Colombia. Ma al centro del Dossier c'è un focus su chi resta: cosa fa, come vive? Sono i giovani - un campione di circa 3mila tra i 18 e i 34 anni - prima di passare a testimonianze e proposte per il futuro, che chiudono il Dossier. I loro dati sono uno spaccato della realtà globale. Il 91% è povero e l’84% disoccupato e vive in famiglie divise, il 61% vive in zone a rischio e il 55% di questi ragazzi ha subìto abusi e violenze. I problemi che vedono intorno a loro sono legati soprattutto al possesso di armi, all'affiliazione a gruppi estremistici e a comportamenti violenti, oltre che a furti e a bullismo. Suzanna Tkalec è la direttrice dei programmi umanitari di Caritas internationalis, appena rientrata da Aleppo:

“Un livello di distruzione simile io non l’ho mai ancora visto. Non ci sono edifici che siano rimasti in piedi; tutte le persone che abbiamo incontrato hanno perso tutto. Ci sono delle attività, la gente tenta perchè deve tenersi impegnata, ma le grandi produzioni non ci sono più. Abbiamo trovato moltissimi bambini che si trovano senza genitori: per esempio abbiamo trovato una famiglia composta di sei bambini, il più grande è di 12 anni, il più piccolo di 9 mesi, e da due mesi in questa situazione di disperazione totale sono sopravvissuti da soli”. 

In questo quadro di macerie la Caritas indica nel Dossier i giovani come "fiori" perché, il campione intervistato non rinuncia ai propri valori, alle tradizioni e alla spiritualità:

“Il livello di energia e di entusiasmo di questi giovani, che hanno vissuto per sei anni nella guerra, è unico ed eccezionale. Loro vogliono restare lì, vogliono essere parte attiva per la ricostruzione della nuova Siria e si impegnano. Tutti sono vulnerabili. I bisogni sono ovviamente immensi, sono diversi, però noi dobbiamo trovare anche delle soluzioni che rispondono nel modo migliore a questi bisogni. C’è bisogno di interventi internazionali, occorre lavorare assieme perché bisogna ricostruire tutto”.

Inoltre secondo i dati forniti dal Dossier e quindi dalle interviste,nonostante tutto oltre il 64% dei ragazzi è impegnato in attività a favore di altri giovani e il 13,6 si applica nella promozione della pace, ed è un dato positivo e sorprendente. Cosa fare per loro? Lo abbiamo chiesto a monsignor Antoine Audo vescovo di Aleppo e presidente di Caritas Siria:

“Si deve fare il primo passo. Aiutare ad avere un lavoro, per guadagnare la loro vita, dare una formazione, una educazione, questa è la strada”.

Per aiutare i giovani e tutta la Siria, continua mons Audo, occorre non trovare soluzioni dall'esterno ma promuovere dialogo e riconcilizione specie a livello  religioso:  

“Si deve sostenere a livello internazionale, con americani e russi e a livello regionale, un vero dialogo tra sunniti e sciiti, che hanno un’influenza sull’interno della Siria come società, come governo, come religione. Si deve continuare su questa strada, e non vendere armi e continuare a distruggere la Siria: perché questo è il progetto, come hanno distrutto l’Iraq, la Libia,c’è una determinazione in questo senso”.








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