2017-03-22 13:51:00

Simposio a Livorno, mons. Giusti."In ogni diocesi un gruppo di confronto tra Chiesa e Islam"


Riscoprirsi esseri umani, per iniziare a dialogare e soprattutto conoscersi, conoscere i testi sacri, conoscere le interpretazioni, conoscere le persone che vivono le diverse fedi. E’ il messaggio del primo Simposio Interreligioso in corso oggi e domani a Livorno dedicato alla multiculturalità e al confronto con l’Islam. Tra i relatori del Simposio, promosso dalla Diocesi di Livorno in collaborazione con il Centro Documentazione Movimento Ecumenico Italiano, padre Claudio Monge, teologo, animatore del DoSt-I (Dominican Study – Istanbul), docente dell’Università di Friburgo, don Cristiano Bettega, delegato nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per il dialogo ecumenico e interreligioso e l’imam di Firenze, Izzedin el-zir, presidente della Comunità islamica di Firenze e Toscana. Luca Collodi ne ha parlato con mons. Simone Giusti, vescovo di Livorno.  

R. – Si tratta di vedere come costruire ponti. Abbiamo preso come immagine il ponte di Mostar. E’ un simbolo, perché è stato elemento di rottura, di guerra  tra musulmani e croati, tra ortodossi e musulmani durante la guerra dei Balcani. Ora è un ponte che congiunge la parte musulmana e la parte cristiana. Ecco, noi vogliamo creare ponti, ma non è così semplice, non è scontato. In Occidente si va verso Sarajevo, quindi verso crescenti tensioni o si va verso Dakar, dove cristiani e musulmani vivono insieme e collaborano? Noi vogliamo ovviamente costruire una società dove si va verso Dakar, verso un incontro. Ma come fare in modo tale da evitare che le grandi banlieue, penso a Parigi, a Bruxelles, non diventino covi per ospitare e proteggere i terroristi islamici? Come fare per smontare i tanti pregiudizi che ci sono in Occidente verso gli islamici? Occorre un confronto, occorre un dialogo! Il primo elemento è costruire un dialogo per poi lavorare insieme, ad esempio, da buoni cittadini per i nostri quartieri, per le periferie urbane, dove provare a conoscersi in nome di una comune cittadinanza. Poi, in base a valori comuni come il valore della sacralità della vita, affrontare anche le grandi emergenze e problematiche del nostro territorio. Credo che nel dialogo, nella conoscenza, nel confronto, si possono fare passi concreti quotidiani, cercando di costruire qualcosa insieme. Ma per fare questo bisogna incontrarci!

D. - Realisticamente, quali passi proponete per il dialogo con l’Islam?

R. - I passi da compiere. La prima cosa ad esempio è costituire in ogni Diocesi un gruppo di confronto islamico-cristiano. Questo per sapere semplicemente chi siamo, chi non siamo,  per cominciare a conoscere quelle che sono le grandi tradizioni culturali islamiche e cristiane. Qui un ruolo importante può averlo anche l’Ente pubblico. I Comuni, da tempo promuovono il ‘Tavolo delle Religioni’ come accade a Livorno, un’occasione di confronto. Ma  credo che un Ente pubblico, un Comune, la  Provincia o lo Stato, devono preoccuparsi di avere buoni cittadini non di indagare quali sono i valori da cui provengono questi buoni cittadini, che li ispirano. Che questi siano religiosi o no credo che uno Stato non sia interessato a questo: interessa solo avere buoni cittadini. E di favorire l’incontro fra le persone.

D. - Mons. Gisuti, il dialogo tra Chiesa e Islam può partire dai territori locali, dalle Chiese locali?

R. - Certo ci vuole anche un dialogo più ampio. E quello che sta facendo il Papa è veramente grande. Anche il prossimo viaggio che farà in Egitto è, solo a livello simbolico,  di una grande forza: fa vedere che è possibile l’incontro, il dialogo fino ai livelli più alti. Ma non bisogna lasciare solo il Santo Padre. Occorre anche nei nostri territori, a partire dalle città, da una città come Livorno che ha sempre avuto grandi tradizioni inclusive, vedere fatti concreti. Stiamo cercando di fare questo. Essere riusciti a organizzare questo Simposio Interreligioso, a portarlo avanti, a mettere intorno allo stesso tavolo cristiani e musulmani con tutte le autorità civili, è un tentativo per dire che l’accoglienza dei profughi, ad esempio, è un’occasione di inclusione e di costruzione di una convivenza pacifica da cui partire.








All the contents on this site are copyrighted ©.