2017-03-24 13:31:00

Libia. Si teme tragedia del mare. Cir: Europa dia risposte unitarie


Si teme una nuova tragedia del mare. Al largo della Libia circa 240 persone sarebbero affogate nel tentativo di raggiungere l’altra sponda del Mediterraneo. La denuncia arriva dalla Ong spagnola Proactiva Open Arms. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati parla di “notizie allarmanti”, mentre è stato ripescato un sesto cadavere vicino alle coste libiche, dove sarebbero affondate due o tre imbarcazioni cariche di migranti. Massimiliano Menichetti ha intervistato Roberto Zaccaria, presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati:

R. – Qualsiasi persona di fronte a queste notizie non può che esprimere sgomento, preoccupazione, turbamento… noi vediamo quello che succede e temiamo di non avere strumenti adeguati per fronteggiare la situazione nonostante il fatto che tutte le nostre forze in mare e quelle delle organizzazioni non governative siano impegnate al massimo livello.

D.  – Spesso ci si abitua a contare numeri senza vedere volti di persone...

R. – Penso sempre a un’immagine che qualche anno fa vidi: persone sulla banchina di un porto con un numero in mano. Quel numero le rendeva impersonali da un lato, ma al tempo stesso faceva capire che era una persona. Quindi da questo punto di vista il dramma è assoluto.

D. – Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, proprio in vista delle celebrazioni per i Trattati di Roma, ha sottolineato, per quanto riguarda le sfide dell’Europa in relazione all’immigrazione, che è necessario intervenire in Africa altrimenti non ci sono soluzioni…

R. – Penso che di fronte alla complessità di questa situazione la mossa non possa essere una soltanto. Certamente, bisogna intervenire anche in Africa perché naturalmente sono i luoghi da cui partono. Ma non soltanto in Africa. Evidentemente è essenziale continuare a fare il possibile per salvare queste persone, questa è una seconda necessità. Una terza necessità, secondo me, è che l’Europa deve muoversi insieme non soltanto nelle retrovie ma in prima linea; non parlo solo di investimenti su quei territori, non solo per favorire l’ingresso protetto… Ma io vorrei dire qualcosa di più: bisognerebbe individuare già delle aree non italiane, non greche, non spagnole, ma europee di primo ingresso in Europa. Vorrei che fossero riconosciuti dei luoghi extranazionali europei di accoglienza e distribuzione sul sistema europeo. Questa, secondo me, è la mossa essenziale.

D.  – Come si realizza questo concretamente a fronte delle tante spaccature sul tema immigrazione?

R. – Le idee non sono di per sé sufficienti a cambiare le cose ma se noi diciamo che una nave dove una persona sale è un luogo in qualche modo extraterritoriale si può immaginare che questo avvenga anche sulla terraferma. Non è un problema di due velocità: è questione che l’Europa non può non dare risposte unitarie su questi problemi.








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