2017-03-25 16:30:00

Festival di Lione dedicato alla "Memoria"


Si sta svolgendo in questi giorni all’Opéra di Lione in Francia il Festival, in programma fino al 5 aprile, dedicato quest’anno al tema della memoria, con la riproposizione di tre storici allestimenti: “Elektra” di Strauss, “Tristano e Isotta” di Wagner e “L’incoronazione di Poppea” di Monteverdi. Un modo per riflettere anche sul ruolo culturale e civile di un teatro lirico. Il servizio di Luca Pellegrini:

(musica: “Elektra” di Strauss)

Il Festival che ogni anno Serge Dorny, direttore generale dell'Opéra di Lione, pone al cuore della stagione lirica, con un tema ben preciso, vuole anche ricordare il ruolo culturale e politico di un teatro. L'opera, per lui, non è soltanto un divertimento, ma un luogo di riflessione, di incontro, essere agli antipodi da quel "fast food" che segna purtroppo anche le nostre abitudini culturali.

In questi giorni si sta svolgendo il Festival dal titolo “Memoria”: avere una coscienza del passato per l'educazione e la trasmissione della cultura. Sono tre i registi protagonisti, scomparsi ed entrati di diritto nella storia del teatro musicale, ai quali è dedicato: Ruth Berghaus, la cui “Elektra” nata nel 1986 per Dresda, con l’orchestra direttamente sul palcoscenico diretta da Hartmut Haenchen, si è rivelata ancora di rara intensità emotiva, spettacolo splendido. Poi una diversa storia di sacrificio e morte, quella wagneriana di “Tristano e Isotta” con la famosa regia creata da Heiner Müller nel 1993 per Bayreuth; infine, una deliziosa “Incoronazione di Poppea” di Monteverdi, con la regia di Klaus Michael Grüber, che ha visto la luce nel 2000 a Aix-en-Provence, scene di Gilles Aillaud in cui l'antichità romana è rivissuta attraverso la memoria che ne fece il Rinascimento italiano. Allestimento semplice ma ieratico.

(musica: “Tristano e Isotta” di Wagner)

Ed è stato annunciato da Dorny il Festival del 2018, che sarà dedicato a Verdi e al potere come viene declinato in tre delle sue opere: “Macbeth”, “Don Carlos” e “Attila”. Il direttore ne spiega i motivi e il senso.

R.- Je pense que tout d’abord  …
Penso che prima di tutto le grandi opere teatrali vanno soggette, si prestano chiaramente a varie interpretazioni e spesso, tra l’altro, possono avere una risonanza con l’attualità. Ne cito una: il “Macbeth”. C’è un testo, e non parlo solo di Verdi, parlo di Shakespeare. Un testo che ha già qualche secolo di vita. Facendo un passo indietro di cinquecento anni bisogna dire che il testo del “Macbeth” rimane di una pertinenza, di un’attualità straordinarie: pensiamo alle rivoluzioni arabe che abbiamo vissuto contro Ben Ali in Tunisia, Mubarak in Egitto, Assad in Siria, potrei dire anche un Putin, loro che sono disposti a cambiare la Costituzione per mantenersi al potere; vediamo oggi le battaglie elettorali per le elezioni presidenziali in Francia: anche se uno è sotto inchiesta, niente li ferma dal correre per le presidenziali.  Dunque, in definitiva, questi comportamenti sono molto simili a quella di “Macbeth”, che era pronto a eliminare chiunque pur di mantenersi al potere; ha ucciso, ha corrotto. Per me, dunque, queste opere conservano un’attualità straordinaria. Parliamo di “Don Carlos”: come si usa la religione per giustificare un’azione politica, come Filippo II ha bisogno della Chiesa per giustificare le sue azioni militari o politiche. Le stesse cose le vediamo anche oggi. Potrei citare altri esempi. Penso che effettivamente le grandi opere teatrali sono delle opere che prima di tutto parlano dell’uomo … dell’uomo e della donna, e sono per questo anche opere per la maggior parte a sfondo politico. Parlano di politica, il che vuol dire che parlano della società. Quindi per il prossimo anno ho riunito delle opere che sono illustrazioni che parlano della nostra attualità: ecco i re, le guerre, ma potrei parlare ovviamente degli oppressori, delle tragedie. È questo che, in definitiva, mi ha indotto a riunire queste opere, perché tutte hanno una dimensione politica. E inauguriamo la stagione con una messinscena di “War Requiem” di Britten, che ha una dimensione politica: è un’opera che parla della guerra, ma il cui soggetto principale non è la guerra, ma la riconciliazione. È un messaggio di pace.

(musica: “Tristano e Isotta” di Wagner)








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