2017-03-28 14:26:00

Convegno Caritas,Turkson: non c'è pace dove non c'è lavoro


La relazione del card. Peter Turkson, presidente del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, sul tema: "Quale sviluppo umano integrale?", ha aperto stamattina a Castellaneta, Taranto, la seconda giornata del 39.esimo Convegno nazionale delle Caritas diocesane. Citando il discorso del Papa ai leader europei, Turkson ha affermato che “non c’è vera pace quando ci sono persone emarginate o costrette a vivere nella miseria. Non c’è pace laddove manca lavoro o la prospettiva di un salario dignitoso. Non c’è pace nelle periferie delle nostre città, nelle quali dilagano droga e violenza”. “Non c’è pace - ha detto ancora - quando la politica da servizio, opera di carità e dedizione al bene comune, diventa farsa, fonte di arricchimento. Non c’è pace quando la vita umana e la famiglia sono relativizzate, minacciate”. Nella giornata poi testimonianze, tavoli di lavoro e la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto. Circa 220 le Caritas rappresentate. Ma a fare da punto di partenza per la riflessione di questi giorni è la realtà della Puglia, un concentrato dei grandi nodi dello sviluppo attuale. Adriana Masotti ne ha parlato con il Delegato regionale delle Caritas pugliesi, don Domenico Francavilla, presente al Convegno:

R. – Effettivamente la scelta della Puglia, se da un lato può sembrare casuale nella rotazione annuale delle regioni, dall’altro lato presta materiale per quella che è la nostra riflessione. La Puglia può diventare un microcosmo, può diventare anche un laboratorio dove si torna a mettere al centro la persona umana con tutti i suoi legami e agganci, a partire da quello con l’ambiente, le attenzioni che bisogna avere nei confronti del lavoro, che molto spesso manca soprattutto per i giovani o è un lavoro non legale, o con quella che è una caratteristica e peculiarità della Puglia, terra di migrazioni, di persone che vanno via, ma anche di tante persone che sono arrivate o continuano ad approdare nella nostra terra. Inoltre, è importante l’attenzione alla malattia, molte volte indotta anche da una scarsa attenzione a tutti quei processi che possono alterare e danneggiare l’equilibrio umano.

D. - In tutto questo, qual è la presenza delle Caritas, in riferimento proprio alle realtà della Puglia?

R. - Nello specifico ci sono dei progetti che hanno come obiettivo quello della custodia del Creato, di un recupero della dimensione del lavoro per la restituzione della dignità dell’uomo, progetti che integrano migranti, ex detenuti o detenuti. Qui, in questi giorni, in modo particolare avremo modo di visitare alcune delle opere che si sono sviluppate in questi luoghi, intorno all’area di Castellaneta e di Taranto: una mensa, un emporio della solidarietà a Brindisi e Oria, ma anche luoghi come case famiglia, case per padri separati e, soprattutto, quei progetti intorno all’area di Taranto che tengono conto della possibilità di un recupero dell’ambiente. Ad esempio, c’è un progetto con il Centro di Educazione alla mondialità di padre Nicola Preziuso; un progetto “Tamburi per Tamburi “della Caritas diocesana di Taranto in uno dei quartieri che affiancano il cantiere dell’Ilva e poi un progetto dell’ associazione “Beati voi” con l’istituzione di un ristorante “Art. 21” che dà lavoro, appunto, a detenuti e a migranti.

D. - Per portare avanti tutti questi progetti ci vogliono anche le persone, oltre che i finanziamenti …

R. – Una delle peculiarità delle Caritas pugliesi è che si affidano molto al volontariato e la risposta è ancora positiva da parte di tante persone, anche giovani.

D. - Come spesso ci ricordate voi che lavorate nelle Caritas, la Caritas è comunque un organismo che vuole educare e sensibilizzare, non solo fare …

R. - Senza dubbio, questo è il punto di partenza. La prima forma di investimento è quella non solo di informare, ma di coinvolgere la comunità nella gestione di questi servizi, di aiutare a vedere quelle che sono le situazioni di povertà e ad accompagnare questo sguardo con la misericordia. È questo quello che continuiamo a comunicare alle nostre comunità ecclesiali perché non è solo qualche delegato o qualche volontario a dover svolgere l’azione caritativa ma, come stiamo dicendo in questi giorni, è tutto il corpo di Cristo che cresce nella carità.








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