2017-03-31 12:55:00

Card. Tagle: la sfida di Francesco, essere Chiesa missionaria


“Sì alla sfida di una spiritualità missionaria”: è il tema dell’intervento che il cardinale Luis Antonio Tagle ha tenuto ieri nel Seminario arcivescovile di Firenze, nell’ambito di una serie di incontri sull’Evangelii Gaudium. Proprio su questo tema, Alessandro Gisotti ha intervistato il cardinale Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis:

R. – Noi associamo l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium alla famosa affermazione di Papa Francesco, la “Chiesa in uscita verso le periferie”. Ho scoperto, però, rileggendo l’Esortazione apostolica, che la missione non è solo un compito, è una spiritualità! Senza questa spiritualità non c’è una "Chiesa in uscita", missionaria. Secondo Papa Francesco la spiritualità missionaria è l’apertura allo Spirito Santo, il discernimento della volontà dello Spirito Santo, dell’azione dello Spirito Santo e la Chiesa obbedisce allo Spirito Santo, fa solo quello che lo Spirito Santo suggerisce! Dunque la missione non è solo un un lavoro, un compito, ma è anche contemplazione, lo stupore davanti al Vangelo. La missione non è solo dare, dare tutto, ma è anche ricevere tutto. Però, al centro è l’incontro con la persona di Gesù Cristo e anche l’apertura agli altri, ai poveri, in questi incontri personali. Se non ci sono questi incontri non c’è conversione e senza conversione non c’è missione.

D. - Questa "Chiesa missionaria in uscita", Papa Francesco l’ha detto tante volte, lo diceva anche lei, deve andare fuori verso le periferie. Lei è il pastore infondo di una grande Chiesa, Manila, ma una Chiesa di periferia rispetto a Roma: perché è così importante in questo Pontificato la periferia?

R. – La periferia non è uno spazio geografico, è uno spazio umano. La periferia è la zona più abbandonata, la zona degli esseri umani che non si sentono rispettati nella dignità umana perché è abbandonata dalla società e anche dalla cultura. Uscire verso la periferia è un segno della comunione, della solidarietà che afferma la dignità di ogni persona umana e per noi cristiani è anche un atto di evangelizzare, di proclamare che fra i poveri si trova la presenza di Gesù Cristo. Uscire verso la periferia non solo per dare il Vangelo ma per vedere il Vangelo vissuto dai poveri. I poveri hanno una saggezza, una capacità di capire esistenzialmente i valori evangelici. Il Vangelo vissuto dai poveri è un miracolo per me perché queste persone che non hanno cibo, tetto, educazione, sanno amare, sanno la vera speranza, sanno condividere. Questo è il Vangelo vissuto!

D. – La Chiesa missionaria, la Chiesa in uscita che incontra i poveri ha molto a che vedere con la visione cristiana dello sviluppo. Siamo proprio nei giorni in cui si celebra il 50.mo della Populorum progressio di Paolo VI: qual è il contributo che Papa Francesco sta dando in questa linea cominciata con Paolo VI?

R. – In un incontro Papa Francesco ha detto che Paolo VI è "il vero riformatore". C’è una linea continua. Papa Paolo VI ha insegnato nella Populorum progressio che il nuovo nome della pace è lo sviluppo umano integrale: lo sviluppo di ogni uomo, di ogni donna e anche lo sviluppo di tutta la persona, lo sviluppo di tutto il mondo perché l’umanità è una grande famiglia. Questo è lo stesso spirito dell’Evangelii gaudium, la responsabilità verso gli altri. Incontrare le altre persone non come stranieri ma come fratello, come sorella e vedere la presenza del Signore negli altri. Questo è un impulso per lavorare  per lo sviluppo umano, non solo per motivi economici o sociali o culturali ma con motivi spirituali, nella presenza del Signore. Ogni persona è una creatura, un dono del Signore.








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