2017-04-01 14:15:00

Patriarca di Venezia: le religioni si parlino di più


"Attendiamo gli interrogatori di garanzia, poi faremo il punto mentre gli investigatori sono sempre al lavoro". Così il procuratore reggente di Venezia, Adelchi D'Ippolito, sull’intervento di carabinieri e polizia che due giorni fa ha portato in carcere tre presunti terroristi kossovari di orientamento jihadista che abitavano nei pressi di San Marco. I tre arrestati, tutti residenti in Italia con regolare permesso di soggiorno, sono al momento in prigioni mantenute segrete. Volevano far saltare, tra l’altro, il Ponte di Rialto. Il Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia  ha espresso gratitudine nei confronti delle istituzioni che hanno saputo garantire sicurezza alla città ed ai turisti che la frequentano. Luca Collodi ha chiesto al Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, se la povertà può facilitare l’adesione a “valori” estremi?

R. – Certamente, la povertà è quel brodo di coltura che fa germinare pensieri, stili, atteggiamenti di rivendicazioni che possono portare anche ad azioni come quella sventata a Venezia. Certamente, dare un futuro, riuscire a esportare – se così è possibile dire – una società di benessere, almeno relativo a quello che è la vita quotidiana, in certe zone del mondo, sarebbe l’equivalente a disinnescare micce che potrebbero esplodere lì o da altre parti, in ogni momento.

D. – Mons. Moraglia, in questo caso non si tratta di immigrati né di clandestini: i giovani arrestati sono tutti camerieri e vivono in Italia da tre anni con regolare permesso di soggiorno…

R. – Richiamo un po’ i valori di Venezia, ma soprattutto anche uno stile di vita che non si deve arrendere al ricatto della violenza e del terrorismo, direi all’ideologia della violenza e del terrorismo, perché probabilmente sono persone che abbiamo salutato, ci hanno salutato anche in questo periodo, passando nelle calli vicine al ristorante dove lavoravano. E questo ci fa riflettere, perché la religione pensata come è realmente, cioè un incontro con Dio, un incontro con gli uomini – penso che possa essere il migliore deterrente di una visione ideologica, culturale che molte volte, dobbiamo dire, si attacca anche alle fedi, distorcendole. Parlo, quindi, di una sorta di appello alle comunità religiose della nostra città, oltre che alla comunità civile, perché credo che proprio la città sia l’unione di comunità differenti che trovano faticosamente, in certi momento storici, le ragioni della “polis”, dello stare insieme nel rispetto delle proprie differenze, nel riconoscersi anche portatori di valori, di tradizioni differenti. Ma credo che sia fondamentale che le religioni si liberino di ogni forma di ideologia che potrebbe essere veramente esplosiva in questo periodo storico.

D. – Qual è il suo messaggio a Venezia?

R. – La città deve trarre spunto da questi fatti che, potenzialmente, potrebbero essere disastrosi, se portati a termine; deve trarre motivo per cui le fedi, le religioni, si parlino di più; può essere motivo – a mio modo di vedere – per creare una vera laicità. Anche lo Stato deve riconoscere il valore delle fedi, delle religioni. Nel momento in cui le riconosce, le responsabilizza, non le obbliga a chiudersi nell’intimo di una coscienza che può diventare anche una coscienza che delinque, come nei casi di cui stiamo parlando, in cui – non sottovalutiamolo – c’era anche un minorenne.








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