2017-04-03 14:54:00

Colombia: valanga, sale il numero delle vittime. L'impegno Caritas


In Colombia, continua ad aggravarsi il bilancio delle vittime della valanga di fango che si è abbattuta su Mocoa: il presidente Juan Manuel Santos ha annunciato che i morti sono ormai 254 e i feriti 203. In un discorso televisivo, il presidente ha chiesto a tutti i colombiani di unirsi per contribuire a ricostruire il capoluogo del dipartimento di Putumayo. Intanto, l’Unità di crisi della Farnesina è in contatto da Roma con le autorità colombiane, per verificare l'eventuale presenza di italiani a Mocoa. Tra i dispersi, infatti, secondo quanto dichiarato dal responsabile delle operazioni di soccorso della Croce Rossa colombiana, ci sarebbero quattro o cinque stranieri, tra i quali due italiani e due israeliani, che si trovavano nella zona di Mocoa e che non hanno ancora dato loro notizie alle rispettive famiglie. Sulla situazione nell’area colpita, Elvira Ragosta ha intervistato Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas Italiana:

R. – Grazie ai contatti che abbiamo sul posto possiamo dire che certamente riguarda centinaia e centinaia di famiglie: morti, feriti, dispersi. Sono famiglie spezzate, con molti minori coinvolti. È un disastro complesso e caotico, come lo ha definito il vescovo locale, monsignor Luis Albeiro Maldonado Monsalve, e quindi in qualche modo ancora indeterminato nella sua proporzione, ma che risulta certamente di dimensioni molto grandi.

D. – Una tragedia non solo materiale per i circa 40 mila abitanti della zona…

R. – Sì, per esperienza qui non è solo una questione adesso di aiuti materiali. Ma proprio il fatto che molte famiglie siano state spezzate e molti sono alla ricerca dei propri cari, vuol dire anche un lavoro di ricostruzione psicologica, relazionale. Certamente attenti alla dimensione pure spirituale, perché il rischio di un’implosione delle persone, del cosiddetto “disturbo post-traumatico da stress”, è molto alto; quindi occorrerà prestare la massima attenzione a tutte queste dinamiche.

D. – Mocoa è il capoluogo del dipartimento di Putumayo. Di che zona si tratta, dal punto di vista idrogeologico?

R. – La zona si trova a Sud Ovest della Colombia, non lontano dall’Ecuador; ma di fatto tutta la zona andina è caratterizzata dal rischio certamente alluvionale - frane, smottamenti - ma anche sismico: di per sé è una zona molto a rischio di vari disastri. Per cui, da un verso, è stato sviluppato un piano di protezione civile che vede attivi attori istituzionali e delle Chiese locali, compresa la Caritas; ma dall’altro evidentemente, come per esempio la qualità della costruzione delle case e l’implementazione stessa dei piani, è ancora molto deficitaria.

D. – Che cosa si sa sull’organizzazione dei soccorsi?

R. – Lo Stato ha mandato subito sul posto le proprie strutture; la Chiesa ha costituito un comitato a livello diocesano e con tutti i vicariati coinvolti; la Conferenza episcopale ha coinvolto la pastorale sociale Caritas, con una équipe tecnica che è già sul posto per valutare i danni e definire un primo piano di interventi che non sarà certamente solo di emergenza, ma, come sempre in questi casi, dovrà accompagnare le comunità locali nella ricostruzione e nello sviluppo.

D. – Anche perché le necessità del momento sono tantissime…

R. – Sì, ovviamente c’è sempre il rischio epidemie, che in situazioni del genere ci siano fenomeni di sciacallaggio. I rischi sono numerosi, bisognerà ripensare complessivamente lo sviluppo della zona. Non è detto che si dovrà ricostruire esattamente come si era fatto precedentemente, proprio perché, sia la conformazione morfologica del territorio in questi disastri ambientali crescenti, sia i fenomeni metereologici estremi che caratterizzano tutto il mondo ormai, ci insegnano che bisogna ripensare complessivamente la pianificazione territoriale, l’urbanistica. E quindi il lavoro sarà molto delicato, molto attento; e se sarà necessario occorrerà anche prevedere ricostruzioni in altre aree meno a rischio.

D. – E l’impegno di Caritas per questa tragedia colombiana?

R. – Certamente un appello alla solidarietà. Riprendendo le parole del Santo Padre, non possiamo dimenticarci di questa gente. La Colombia - non scordiamolo - sta uscendo con grandissima difficoltà da un processo di guerra e di riconciliazione che non può essere dato per scontato, tanto che alcuni focolai sono ancora purtroppo attivi nel Paese, e viene penalizzato da questo punto di vista. Per cui occorrerà la massima attenzione da parte nostra. Caritas Colombia, con tutta la Conferenza episcopale, e soprattutto la diocesi colpita, non mancherà nell’essere presente sul territorio nel lungo periodo: a noi sta accompagnarla e seguirla anche con la nostra solidarietà concreta.








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