2017-04-04 14:59:00

Giornata anti-mine: il Papa, impegniamoci per un mondo senza questi ordigni


Appello del Papa in occasione della Giornata mondiale contro le mine antiuomo: Francesco ha lanciato un tweet per ricordare l’orrore di una piaga mondiale. Servizio di Francesca Sabatinelli:

Rinnoviamo per favore l’impegno per un mondo senza mine! Si è alzato l’appello di Papa Francesco, che con il suo tweet ci ricorda una tragedia che affligge molti Paesi del mondo e che ogni anno vede aumentare il numero delle vittime. Sono forse oltre cento milioni, questi ordigni disseminati nel mondo che uccidono anche dopo anni dalla fine del conflitto, perché disseminati nel territorio. Si calcola che ogni anno almeno ventimila persone vengano mutilate da queste mine. Il Paese più colpito resta l’Afghanistan, e poi Colombia, Angola, Birmania, Pakistan. In Europa il luogo più pericolo è ancora la Bosnia. Quale il bilancio ad oggi? Giuseppe Schiavello, direttore nazionale della Campagna italiana contro le mine:

R. – E’ un bilancio che si sta aggravando. Il numero di vittime sale, perché sono numerosi i conflitti nel mondo. L’Afghanistan, sostanzialmente, è in guerra da 40 anni, e lì le vittime continuano ad aumentare. Non possiamo nemmeno immaginare quale sarà lo scenario della Siria. Sono armi indiscriminate che colpiscono donne, bambini, civili e impediscono lo sviluppo, perché ricordiamoci che ci sono aree minate come i campi, i pozzi, le scuole, gli edifici. Queste armi vengono utilizzate in maniera terroristica proprio per impedire la sopravvivenza, lo sviluppo e il ritorno alla pace.

D. – Da sottolineare – importante – che l’intento dei carnefici non sarebbe neanche quello di uccidere, quanto di mutilare. Perché?

R. – Perché è un’offesa più profonda nella carne delle popolazioni che si ritengono nemiche, la vocazione estremamente terroristica e di disprezzo totale dell’umanità, dell’uomo in quanto tale, della vita, ci porta a far più male possibile. Mutilare le persone significa anche renderle inabili al lavoro, condannarle alla povertà in Paesi dove c’è una vocazione rurale, di pastorizia. E’ questo ciò che si fa: si cerca di offendere e di ferire nel profondo la popolazione che si ritiene, appunto, nemica. E’ un uso sostanzialmente terroristico di un’arma, né più né meno. Il problema è che le guerre sono diventate guerre asimmetriche, in cui si scontrano gruppi anche senza alcun tipo di regola. Il problema è che la società civile oggi forse è chiamata ad alzare la voce sul rispetto del diritto umanitario internazionale. Noi vediamo che ogni giorno vengono bombardati ospedali, scuole, questo significa che c’è un imbarbarimento da parte di questi Stati, che ritengono che durante la guerra sia tutto lecito e tutto legittimo. Le mine, i trattati sugli ordigni inesplosi come le “cluster”, devono aprire una finestra di riflessione sul rispetto del diritto umanitario internazionale. L’Italia, che è molto impegnata nella “mine action”, condanna nelle sedi opportune l’utilizzo di queste armi, ma soprattutto vorremmo anche che si facesse carico di denunciare a voce ancor più alta lo sfacelo che si può vedere rispetto al diritto umanitario internazionale.

D. – Un aspetto molto importante di tutto ciò è sicuramente l’azione di sminamento.  Sappiamo quanto sia difficile, perché è difficile ritrovarle, queste mine anti-uomo, rimangono nel terreno per anni e anni e soprattutto si spostano a causa delle piogge, la Bosnia ne è un esempio. Quindi l’azione di sminamento è importantissima ma difficile, complicata, costosa. I fondi erano stati diminuiti, a che punto siamo?

R. – L’Italia negli ultimi anni ha destinato molti più fondi, ha peraltro – dal gennaio 2016 – la presidenza del “Mine Action Support Group”, che è, all’interno delle Nazioni Unite, il gruppo dei Paesi donatori. Questo fa sì che l’Italia abbia una leadership basata sulla credibilità, sull’esempio e, devo dire, che in questi termini l’Italia sta facendo veramente il massimo. Purtroppo i livelli di contaminazione degli ordigni inesplosi è esponenziale rispetto ai fondi invece dedicati, per cui se i livelli di belligeranza continueranno a essere quelli che sono oggi, probabilmente non saranno mai sufficienti. Però, lo sminamento d’emergenza e la bonifica d’emergenza permettono agli aiuti umanitari di entrare in posti contaminati, per cui, ci sono due fasi: la fase d’emergenza e la fase di ricostruzione. Non ultimo, è molto importante istruire le popolazioni al rischio degli ordigni inesplosi, in modo da evitare che vengano trovati e maneggiati, magari semplicemente per raccogliere del ferro, o altri materiali che si pensa si possano rivendere.








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