2017-04-04 13:38:00

Istat, sale dell'1,6 per cento il potere d'acquisto delle famiglie


Il potere d'acquisto delle famiglie nel 2016 è aumentato dell'1,6%, il rialzo maggiore dal 2001, ovvero da quindici anni. Lo afferma l’Istat. Per le associazioni dei commercianti ancora però non si vede un rialzo apprezzabile dei consumi. Alessandro Guarasci:

Le famiglie italiane fanno fatica a vedere un’uscita dalla crisi, in tanti hanno ancora un atteggiamento prudente. Nel 2016 il reddito disponibile è aumentato all’1,6%, e con la stessa percentuale è cresciuto il potere d’acquisto. La spesa per i consumi finali, dice l’Istat, è cresciuta dell’1,3%, ma secondo la Confesercenti non è ancora primavera. Il segretario generale Mauro Bussoni:

"Sono diminuiti i prezzi, c’è stato un recupero del potere d’acquisto da parte delle famiglie. Al tempo stesso c’è un altro lato preoccupante per quanto riguarda i consumi, che è quello legato ad una propensione per quanto riguarda il risparmio. Significa che all’interno delle famiglie italiane, delle nostre famiglie, vige ancora un clima di fortissima incertezza per quanto riguarda il futuro. Non si può parlare di aumentato benessere per quanto riguarda la media delle famiglie".

Fatto sta che è in risalita pure la propensione al risparmio salendo di 0,2 punti percentuali rispetto al 2015: dall'8,4% all'8,6%. Sergio Gatti, direttore generale generale di Federcasse:

"C’è da dire che si apre una fase nuova, con ulteriori incertezze di natura internazionale. Sia la Brexit sia le tensioni con un partner fondamentale anche dal punto di vista economico come gli Stati Uniti, ovviamente aprono scenari nuovi. Ma il fatto che il risparmio abbia tenuto nel corso di questa lunghissima crisi, e che adesso possa magari rivolgersi ad ulteriori fasi di investimento, è un segnale da studiare con attenzione. Sia risparmio assicurativo sia risparmio previdenziale sono sicuramente delle cose su cui investire e su cui incoraggiare in quest’ottica anche di educazione finanziaria".

In calo sia il rapporto deficit Pil al 2,4% sia la pressione fiscale al 42,9%. Ma questo non basta per Bussoni:

"Occupazione e diminuire la pressione fiscale. Dare maggiori certezze e stabilità dal punto di vista della politica della coesione sociale rappresenterebbe un elemento importante. Inoltre, non dimentichiamo che sulla testa di tutti gli italiani - ed è una decisione che il governo dovrà prendere - pendono tutte le clausole di salvaguardia che sono state rinviate da anni precedenti e che valgono circa 20 miliardi per quanto riguarda la manovra che dovrà essere fatta presumibilmente nel 2018".

Gli investimenti fissi lordi sono in aumento, dice l’economista Luigi Campiglio.

“Una crescita degli investimenti incoraggiante su base annua, perché è sull’ordine di grandezza del 3-7 percento. Quindi c’è un rimbalzo finalmente degli investimenti. Questo a mio parere è il valore positivo”.

Una riforma dell’Irpef, puntando sui carichi familiari, potrebbe rafforzare la ripresa.








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