2017-04-07 07:11:00

Attacco degli Usa contro la Siria, lanciati 59 missili


Raid degli Usa contro la Siria. Il Pentagono ha annunciato di aver lanciato un attacco contro l’esercito di Assad, utilizzando 59 missili Tomahawk dai cacciatorpedinieri nel Mediterraneo orientale. Per il governatore di Homs nel raid ci sarebbero stati 4 morti. I particolari da Alessandro Guarasci:

 

Trump passa dalle parole ai fatti. Il presidente degli Usa annuncia l’attacco in risposta alla strage di civili con il gas del 4 aprile scorso attribuita al regime di Damasco. Sono 59 i missili Tomahawk lanciati da due cacciatorpedinieri Usa nel Mediterraneo orientale, e che hanno colpito alle  3.45 del mattino a Damasco - la base aerea di Shayrat, nel centro del Paese: la stessa da cui secondo fonti di intelligence sarebbero partiti i jet che martedi' hanno scaricato agenti chimici sulla provincia di Idlib, fatali per oltre 70 persone tra cui almeno 30 bambini.

Trump ha giustificato l’attacco “nel vitale interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti evitare e impedire l'uso di letali armi chimiche”. Poi un appello al mondo, ai "paesi civilizzati", affinché si uniscano agli Usa per ''mettere fine – ha detto - al massacro e al bagno di sangue'' in Siria. Una decisione maturata martedi scorso. Il Pentagono ha fatto sapere che l'attacco Usa contro la base aerea in Siria ha "ridotto la capacità del governo siriano di utilizzare armi chimiche”. Per la Russia, però, informata del raid, questo potrebbe peggiorare i rapporti tra Mosca e Washington.

 

Sulla possibilità di un’escalation militare Massimiliano Menichetti ha intervistato Pietro Batacchi direttore di Rivista Italiana Difesa:

R. – Ritengo e mi auguro di no, perché un’escalation nuocerebbe a tutti: nuocerebbe agli Stati Uniti, nuocerebbe alla Russia e non è un caso che quest’ultima sia stata avvertita con lauto anticipo rispetto al raid americano – ovviamente poi i russi hanno provveduto ad avvertire i siriani -; si tratta di un raid eminentemente politico, un messaggio rivolto ad Assad e soprattutto - aggiungo - a Kim Jong-un perché nel bel mezzo della crisi nordcoreana sul nucleare, l’America non poteva permettersi che un utilizzo anche presunto di armi chimiche potesse passare senza risposta americana.

D. - A questo punto i rapporti tra la Russia e gli Stati Uniti si deterioreranno? Putin ha detto: “É un’aggressione ad uno Stato sovrano” …

R. - Putin chiaramente doveva fare la voce grossa per dimostrare anche la sua vicinanza all’alleato siriano, però chiaramente Putin non può sacrificare i rapporti con gli Stati Uniti in nome della sua alleanza con Assad. Assad è una pedina funzionale ad un interesse circoscritto e di natura eminentemente strategica che, appunto, può essere anche sacrificato qualora le circostanza geopolitiche lo richiedano.

D. - A questo punto, che segno hanno le conferenze per cercare di trovare la pace in Siria; le conferenze a Ginevra e in Kazakistan di Astana …

R. - Le prospettive non erano granché prima di questo raid; probabilmente questo attacco le rende ancora più incerte. Non dimentichiamoci che sono due trance di colloqui diverse, rispondono a logiche ed interessi diversi e uno dei principali attori che presumibilmente non avrebbe potuto trarre beneficio da questi colloqui era proprio Assad che ad Astana non era parte in causa. Anche da questo punto di vista non mi sembra che ci siano elementi di grandissima novità. D’altro canto non credo che si complicherà molto di più la crisi siriana, più di quanto non lo sia già, soprattutto nel settore settentrionale del Paese dove gli interessi in gioco siriani, americani, turchi, curdi e russi sono molto complessi e di difficili riequilibratura.

D. - Lo ha anticipato lei prima: c’è la questione del nucleare nordcoreano: Pyongyang ha sperimentato il lancio di un nuovo missile. C’è la condanna dell’Onu all’ennesima provocazione, ma Trump ha sottolineato: “L’America è pronta ad a gire anche da sola”. Siamo nell’alveo delle minacce o c’è il pericolo reale di missili anche su Pyongyang?

R. - Ci sono ipotesi in questo senso, non si può negarlo ad oggi, perché effettivamente siamo di fronte ad un’escalation. A ciò aggiungiamo il fatto che ogni amministrazione americana porta con sé la sua guerra: l’amministrazione Bush ha portato in dote al mondo la guerra contro l’Iraq, l’amministrazione Obama ha portato in dote al mondo la guerra con i droni contro i terroristi in più parti del mondo; non è da escludere che l’amministrazione Trump possa portare in dote al mondo la guerra contro la Corea del Nord.

D. - Ma lì le cose si complicano: ci sono anche gli equilibri con la Cina, oltre che con la Russia ….

R. - Chiaramente quello coreano è uno scenario molto complesso rispetto al quale quelli mediorientali, a cui siamo abituati negli ultimi venti anni, impallidiscono. Lì siamo di fronte, oltre che a grandi numeri di popolazione, a potenze straordinariamente armate, a potenze nucleari, a difficili equilibri e soprattutto siamo ad un passo dalla Cina che oggi è il vero unico grande concorrente americano sul piano economico e militare.

 








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