2017-04-08 16:55:00

Maternità surrogata? E’ contro libertà donne e bambini


“Quel 13 febbraio 2011 la risposta in termini di partecipazione fu straordinaria, a Roma e in altre 220 città italiane e anche all’estero. Fu una mobilitazione di popolo che coinvolse anche le parrocchie e questo mi colpì tantissimo. Sul palco a Roma ci fu anche una religiosa, suor Eugenia Bonetti. Il nostro obiettivo era rilanciare il tema della libertà delle donne, oltre i diritti: le difficoltà delle donne nel lavoro, in famiglia, la difficoltà ad affermarsi in quanto donne”. Francesca Izzo, filosofa, racconta la grande mobilitazione che è alle radice della realtà ‘Se non ora quando – Libere’ di cui è cofondatrice e che è ora impegnata nella richiesta, rivolta all’Onu, di dichiarare il bando universale per la maternità surrogata.

Superare gli steccati, per un'idea più ricca di libertà

“Allora, imparammo che per avere forza e vincere battaglie bisogna superare gli steccati, politici, culturali e religiosi”, continua la Izzo. “E poi capimmo che va elaborata un’idea più ricca della libertà, un’idea che contempli anche la presenza delle donne e superi quella negazione delle libertà femminili su cui era basata la vecchia idea di libertà che ci hanno consegnato. E proprio in questa prospettiva siamo giunti a riflettere sulla maternità surrogata come pratica che lede questa libertà”.

Non è vero che non si può contrastare

“Si tratta di una pratica – spiega la Izzo – che in Italia è vietata dalla legge, ma di fatto il divieto è poi aggirato compiendo la maternità surrogata all’estero e ottenendo in un secondo momento dai giudici il riconoscimento dei bambini che ne sono il frutto. Per questo, dopo aver contribuito a far sì che il Consiglio d’Europa e il Parlamento europeo si pronunciassero contro questa pratica, ci siamo ora rivolti alle Nazioni Unite. Consideriamo la maternità surrogata lesiva dei diritti delle donne e dei bambini: serve una battaglia culturale per superare l’atteggiamento secondo cui non si può far nulla per impedirla, perché ‘il mercato è più forte’ e il desiderio di genitorialità e di libertà sono insopprimibili. Ma così facendo, si afferma un’idea di libertà che non è altro che la traduzione del proprio desiderio di avere qualcosa, calpestando libertà sostanziali. E cioè, la libertà di una donna a non vedere ridotta a un oggetto la sua corporeità e in definitiva tutta la sua esistenza; la libertà di non vedere trasformata la sua maternità in una merce messa sul mercato. Perché, con la maternità surrogata, c’è comunque un contratto stipulato tra i committenti e la gestante. E un essere umano viene al mondo con un contratto. Ricordiamoci sempre che non è solo una tecnica, ma una pratica sociale che sfrutta le diseguaglianze per potersi applicare. E pensiamo alle libertà di un figlio di avere una genealogia oltre che una memoria genetica”.  

Non è progresso

“Siamo di fronte a un cambiamento culturale molto grave”, conclude la Izzo. “Se accettiamo questa pratica apriamo le porte a un’idea di progresso molto pericolosa. Questo non è progresso: la tecnica può fare dei passi in avanti, ma la società deve controllare e capire qual è la reale finalità di qualsiasi gesto”.

     








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