2017-04-08 08:00:00

Stoccolma: killer ancora in fuga, nessuna rivendicazione


Pomeriggio di terrore ieri a Stoccolma per l’attentato che ha provocato la morte di 4 persone tra i passanti nel centro della capitale. Una quindicina i feriti. Ancora non identificato l’assassino a bordo di un camion. Si pensa a un atto di terrorismo, ma per ora non c’è stata alcuna rivendicazione. Adriana Masotti:

E’ ancora ricercato dalla polizia il killer che era alla guida dell’autocarro piombato ieri pomeriggio sui pedoni in una via centrale di Stoccolma. Smentite infatti le indiscrezioni secondo cui  la persona arrestata in serata “in relazione” all’attacco, avrebbe confessato di essere il conducente del mezzo. Stamattina la notizia del fermo di un secondo sospetto. Anche l'identità dell'attentatore resta ancora sconosciuta: a circolare è solo la fotografia di un uomo con indosso un giaccone verde, una felpa grigia con cappuccio e scarpe da ginnastica.

“La Svezia è stata attaccata, si è trattato di un atto terroristico", non ci piegheremo agli "odiosi assassini", ha detto il premier svedese Stefan Lofven. “Il Paese, ha detto ancora, è unito nel dolore, nell'ira e nella determinazione". Al momento però nessuno ha rivendicato l’attentato. Erano le tre del pomeriggio locali, quando un uomo, impadronendosi di un camion in sosta che trasportava casse di birra, si è diretto a tutta velocità sui passanti, andandosi poi a schiantare contro l’ingresso di un negozio provocando un incendio. Scattato l’allarme terrorismo è stata subito evacuata la stazione centrale, fermati i treni regionali e la metropolitana, chiusi i due più grandi centri commerciali e il centro città, mentre anche i Paesi vicini dalla Finlandia alla Norvegia, fino alla Danimarca hanno alzato il livello di allerta.

Molti i messaggi di solidarietà e di cordoglio, dalla Russia, all’Italia, "Dobbiamo lavorare molto di piu' sulla prevenzione", ha dichiarato il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, commentando l'attentato.

 

E sull'attacco a Stoccolma, Francesca Sabatinelli ha intervistato Peter Loewe, corrispondente in Italia del quotidiano svedese 'Dagens Nyheter':

R. – Questa è una zona centrale di Stoccolma, un punto nevralgico, perché si trova tra due piazze, nel centro del settore commerciale, con negozi grandi e piccoli. Insomma, se uno vuole fare un’azione di grande impatto, questa è la zona più adatta. Direi che non è così facile entrare, anche se per quanto riguarda le misure di sicurezza noi non siamo ancora ai livelli dei Paesi dove ci sono i posti di blocco: qui non ci sono poliziotti armati per strada.

D. – Non ci sono queste forti misure di sicurezza come in altri Paesi e in altre capitali europee. Questo perché? Non si sente il rischio a Stoccolma?

R. – Credo che sotto sotto si sia iniziato ad organizzare qualcosa. Ci sono state delle discussioni in Parlamento, nelle quali è stata fatta richiesta di una maggiore disponibilità da parte dello Stato, con la possibilità di intercettare le telefonate e controllare le e-mail dei cittadini. Da quanto mi ricordo, questa proposta era stata mandata in una Commissione per essere analizzata e affinché si decidesse poi sul da farsi. La Svezia quindi ha preso tempo su questo punto per dare dei poteri più ampi ai Servizi Segreti della Polizia speciale. Secondo me adesso vedremo un veloce “sprint” su questo punto.

D. – Quello che è successo a Stoccolma può anche, dal punto di vista politico, dare una spinta alle formazioni populiste, al messaggio populista che c’è in Svezia?

R. – Beh, noi abbiamo un partito che è cresciuto molto in questi anni: il partito dei Democratici Svedesi - Sverigedemokraterna - che è un partito populista: insomma è un partito che le sue radici nell’estrema destra, anche se adesso i suoi esponenti le negano, ma le radici lontane sono quelle neonaziste. Non è completamente cambiata la “pelle” di tutte le componenti del partito.

D. – Sappiamo che dalla Svezia è partito il più alto numero di foreign fighters diretti in Siria. Comincia ad esserci forte questa radicalizzazione in Svezia, da parte dei musulmani?

R. – Questa è una domanda molto complessa. Da un lato, abbiamo tutti i programmi di integrazione, tutto quello che mette a disposizione lo Stato svedese per quelli che noi chiamiamo i “nuovi arrivati”. Hanno veramente tantissime possibilità e adesso non tutti possono rimanere e a non tutti viene accordata la richiesta di asilo. Per esempio sì per i migranti dalla Siria, e però recentemente sono stati mandati indietro anche dei minorenni provenienti dall’Afghanistan, Paese che si trova in gran parte in guerra. Dall’altra parte, è vera questa cosa dei foreign fighters, ossia che sono partiti dalla Svezia, e soprattutto dalle citta come Malmö e Göteborg, per partecipare a quella che loro considerano una “guerra santa” dopo questa radicalizzazione. Parecchi ovviamente sono morti; chi invece è sopravvissuto è rientrato in Svezia. Lì mi sembra invece che lo Stato non sia stato sempre all’altezza di tenere la situazione sotto controllo. Ci sono stati dei processi, ovviamente delle condanne a chi ha partecipato a dei massacri, ci sono stati testimoni ecc. Però non c’è dubbio che, proprio in una piccola parte di questi radicalizzati, potrebbe essere il terreno fertile per questo tipo di attacchi.

 








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