2017-04-10 14:30:00

Egitto, i copti dopo la strage: viaggio del Papa, segno di vicinanza


In Egitto è scattato, alle ore 13 locali, lo stato d'emergenza per i prossimi tre mesi annunciato ieri sera dal presidente al Sisi in seguito agli attentati contro le chiese copte di Tanta e Alessandria, che hanno provocato 47 morti e 126 feriti. Condanna agli attacchi e sostegno degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo sono stati ribaditi nel colloquio telefonico tra il presidente americano Trump e il capo di Stato egiziano. Intanto, la comunità cristiana del Paese ha accolto con gioia la conferma del viaggio del Papa: una visita sentita come un segno di grande vicinanza. Il servizio di Marco Guerra:

Dispiegamento di unità speciali dell'esercito per garantire la sicurezza nei luoghi più sensibili dell'Egitto; sospensione del diritto alle manifestazioni di ogni genere e le adunate di oltre cinque persone e l’estensione dei poteri delle forze di polizia. Sono entrate in vigore le misure annunciate ieri dal presidente al Sisi. Ma oggi è ancora una giornata di rabbia, dolore e preghiera per le vittime tra le varie comunità cristiane d’Egitto. Sentiamo mons. Kyrillos William, vescovo copto cattolico di Assiut, intervistato da Hélène Destombes:

"Tutti sono tristi: cristiani e musulmani. Si chiedono: 'Ma perché?'. Nonostante tutto ciò che avviene, siamo fiduciosi nella Divina Provvidenza, fiduciosi in Dio, nostro Salvatore, che canteremo per tutta a Settimana Santa. Poniamoci di fronte all’immagine di Cristo in Croce e partecipiamo alla sua sofferenza per partecipare anche alla gioia della sua Resurrezione".

Intanto, secondo la stampa araba entrambi i kamikaze entrati in azione ieri avrebbero combattuto in Siria. Di piano per destabilizzare e dividere il Paese parlano le autorità egiziane, compreso il grande Imam della Moschea di Al Azhar, el-Tayyib. Stessa riflessione anche da parte di mons. William:

"Ci aspettavamo qualcosa del genere, perché l’avevano promesso già qualche mese fa. Hanno mantenuto la promessa e hanno scelto un giorno di festa, la Domenica delle Palme, proprio quando le chiese sono gremite di fedeli. E hanno scelto due chiese simboliche. Vogliono – è ovvio – dividere la società, vogliono far credere che lo Stato non è in grado di proteggere i cristiani e all’avvicinarsi della visita – imminente – del Santo Padre vogliono mettere il governo in una situazione critica".

I cristiani, dal canto loro, si stringono alle comunità colpite e guardano con speranza all’azione del governo, che annuncia anche l’istituzione di una Commissione permanente anti-terrorismo per sconfiggere i gruppi radicali. Ascoltiamo padre Andrea Sahmi, sacerdote della diocesi di Giza:

R. – Noi non abbiamo paura degli attentati, ma sentire sempre che non sei protetto è una cosa brutta. Siamo inermi perché noi non abbiamo armi e sanno benissimo che non rispondiamo con la violenza alla violenza e quindi siamo sempre le vittime …

D. – Voi testimoniate la fede anche dopo questi attacchi violenti …

R. – E’ vero, è vero! Perché i cristiani sono decisi a celebrare le altre cerimonie della Settimana Santa e la gente va di più in chiesa. Poi il fatto che la Chiesa cattolica ha annunciato che la visita del Papa non sarà spostata, anche questo è un fatto molto bello!

D. – Cosa chiedete al governo, alle autorità?

R. – Non credo che il problema sia solo del governo, perché noi stiamo combattendo un’ideologia che qui in Egitto esiste fin dagli anni Trenta: prendono persone semplici e fanno loro il lavaggio del cervello. Il governo fa il possibile. Magari il piano di sicurezza è da rivedere, perché quando la situazione è calma la sicurezza viene meno; invece si deve essere allertati sempre. Creare una Commissione per combattere il terrorismo è di per sé una cosa molto bella perché almeno comincia un lavoro serio sul terrorismo. E poi, anche lo stato d’emergenza è già qualcosa: questo dice che il governo ha l’intenzione di fare qualcosa di concreto.

D. – Il terrorismo vuole estirpare i cristiani dall’Egitto, ma i cristiani sono parte fondante dell’Egitto: l’Egitto chiede di avere i cristiani …

R. – Sì, infatti. Noi sentiamo questo in maniera molto più forte di prima, ogni giorno di più sentiamo che noi siamo una parte essenziale del Paese. 

Sulla situazione nel Paese ci parla anche mons. Antonios Aziz Mina, vescovo emerito di Giza:

R. – Noi come cristiani siamo preoccupati per la destabilizzazione del Paese. Quelli che ragionano vedono che non si può andare avanti così. Ma fatto sta che c’è sempre quella spada sopra la nostra testa.

D. – I cristiani sono importanti per l’Egitto…

R. – I cristiani sono importanti non solo per l’Egitto ma per tutta la regione. Io non posso immaginare - e neanche i musulmani moderati possono farlo - un Medio Oriente senza i cristiani. E questo governo lo sa di certo. Ma bisogna che tutti veramente si muovano per questo.

D. – Ci sono stati quindi anche atti di solidarietà da parte dei musulmani…

R. – Sì, è normalissimo. Mi chiamano per farmi le condoglianze. E io ieri sono andato a fare le condoglianze a un generale dell’esercito che ha perso la moglie. È un generale che avrà il compito di garantire la sicurezza della sala dove il Papa celebrerà la Messa. Cosa si potrà fare? Io dico sempre che non è compito dei poliziotti: i poliziotti devono catturare una persona che commette un crimine. Ma per impedire fatti del genere bisogna fare un altro sforzo molto più importante: curare i cervelli che sono stati “lavati”. I terroristi hanno usato il lavaggio del cervello.

D. - Quindi c’è bisogno di ‘un’azione culturale in Egitto e in tutto il Medio Oriente?

R. – Esatto, bisogna che le forze politiche con quelle religiose e intellettuali, con tutti quanti, collaborino per questo.

D. – E’ importante che si celebri comunque la Pasqua…

R. – La Pasqua si celebrerà in tutte le nostre chiese come sempre. Perché la morte quando verrà, verrà. E noi, come Chiesa copta, sappiamo che siamo chiamati a vivere la vita dei martiri: la Chiesa copta è chiamata a questo. È sempre così.








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