2017-04-16 12:16:00

Centrafrica. P. Trinchero: una Pasqua figlia dell'effetto Bergoglio


Era il 29 novembre del 2015 e Papa Francesco apriva la Porta Santa della Cattedrale di Bangui, in Centrafrica, inaugurando di fatto l’Anno Santo della Misericordia in una terra che - disse il Pontefice - soffriva già da diversi anni “la guerra e l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace”. Un conflitto, nato a fine 2012 col successivo rovesciamento dell’ex presidente François Bozizé e gli scontri tra gruppi armati Seleka e milizie anti-Balaka, che proprio dalla visita del Pontefice vive un momento di pausa, nonostante scontri armati ancora in corso in alcune zone del Paese. Proprio la celebrazione della Pasqua è un segno di continuità col passato, ma anche di cambiamento verso un futuro di pace, come testimonia padre Federico Trinchero, missionario carmelitano scalzo che opera al Convento di Nostra Signora del Monte Carmelo di Bangui, dal 2009 in Centrafrica. L’intervista è di Giada Aquilino:

R. – Anche quest’anno abbiamo celebrato la Santa Pasqua e come sempre le celebrazioni sono molto partecipate, soprattutto nella capitale, dove di fatto da un anno e mezzo ci sono una certa tranquillità e una certa sicurezza. Quindi è stato possibile tenere le celebrazioni anche in orari diversi da quelli imposti dal coprifuoco negli anni scorsi. Poi la gente qui in Centrafrica, soprattutto nella capitale, ma anche nella provincia, partecipa a questi riti in modo molto sentito. Le chiese sono sempre strapiene di gente, soprattutto di giovani e di bambini. Lo si è visto già durante la Domenica delle Palme e ancora nelle altre celebrazioni della Pasqua e del Triduo Sacro.

D. - C’è stata una celebrazione, anche nei giorni scorsi, particolarmente significativa proprio per la situazione nel Paese?

R. - La celebrazione della Messa Crismale, che è stata celebrata mercoledì pomeriggio. È stato un momento molto intenso, perché è veramente una celebrazione di popolo, nella quale la gente vuole manifestare anche la propria gratitudine verso i sacerdoti. Nella cattedrale c’era il popolo di Dio e tutta la diocesi venuta per ringraziare i sacerdoti per il lavoro che svolgono. Bisogna tener conto che quello centrafricano è un clero molto giovane, anche se ridotto nei numeri, però la gente è riconoscente e sostiene molto l’opera dei sacerdoti anche perché, durante tutta questa guerra, i sacerdoti - religiosi, diocesani, autoctoni, missionari - hanno comunque dimostrato grande sollecitudine e solidarietà alla popolazione, spesso accogliendo profughi nelle loro parrocchie, nei conventi, nei seminari.

D. - Negli ultimi mesi è stato chiuso il campo sfollati di Mpoko, all’aeroporto di Bangui, e anche quello sorto al convento di Nostra Signora del Monte Carmelo. Che segnali sono questi per il Paese?

R. - Sono segnali molto positivi, anche se in città c’è ancora qualche piccolo gruppetto di profughi. Ci sono poi due segnali importanti. Uno positivo e uno negativo. Il segnale positivo è il ritorno in capitale di una etnia di Peuls, un gruppo di nomadi che si occupa soprattutto di allevamento, di religione musulmana. Tutto questo gruppo nel 2013 era letteralmente scomparso dalla capitale e da altre zone del Paese, per spostarsi anche all’estero. Proprio nelle ultime settimane sta ritornando e sono anche riprese delle attività di allevamento. Ho rivisto volti che pensavo proprio di non rivedere. Ci sono storie molto belle di amicizia. Si è ritornati come prima e si lavora insieme. Invece il segnale negativo è la presenza di tensioni nella zona settentrionale e orientale del Paese. Di fatto, non bisogna dimenticarlo, il 60 percento del Paese è ancora occupato, direi quasi ‘governato’, dalla Seleka o da gruppi che da essa sono nati. Questi gruppi fanno ancora delle azioni di disturbo e a volte scontri tra di loro.

D. - A novembre 2015 la visita di Papa Francesco. Cosa rimane di quel messaggio di pace portato dal Pontefice? Come sono risuonati i suoi appelli alla riconciliazione anche nel giorno di Pasqua?

R. - L’effetto delle visita di Papa Francesco nel novembre 2015 è stato a dir poco miracoloso. E certo, ogni tanto, quando c’è qualche problema, quando ritornano gli scontri, si dice: “Non dobbiamo sprecare il lavoro che abbiamo fatto fino a qui e non dobbiamo sprecare l’effetto Bergoglio”, cioè il sentimento di pace insperato generato da quella visita.








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