2017-04-20 12:54:00

Camerun: sfollati al confine con la Nigeria, ma riaprono scuole


Fonti mediche della Nigeria lanciano l’allarme per un’epidemia di meningite esplosa nel Nord del Paese, con oltre 750 morti dallo scorso dicembre. Nella zona è già critica la situazione umanitaria: proseguono infatti in particolare nell’area settentrionale e orientale della Nigeria le violenze tra Boko Haram e forze di sicurezza, con condizioni drammatiche per la popolazione locale costretta ad abbandonare la propria terra in cerca di sicurezza altrove. Nei giorni scorsi nuovi attacchi degli estremisti islamici si sono registrati anche nel Nord del Camerun, nella zona di Kolofata. Sulla situazione al confine tra Nigeria e Camerun, ci riferisce fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime, coordinatore della Caritas della diocesi di Yagoua, intervistato da Giada Aquilino:

R. – C’è uno spostamento dei vari sfollati da una zona verso l’altra. Il problema grande è che la situazione, pur migliorando gradualmente, non è ancora sotto controllo, quindi c’è ancora una grande presenza militare da una parte e persistono gli attacchi di kamikaze o situazioni di insicurezza importanti dall’altra.

D. – Proprio nelle ultime ore nell’estremo Nord del Camerun c’è stato un altro attentato attribuito ai Boko Haram nigeriani. Perché gli estremisti islamici colpiscono anche fuori dai loro confini, fino al Camerun?

R. - Quella di Kolofata, dove c’è stato l’attacco, è sempre stata la zona più debole dell’impianto di sicurezza del Camerun perché è molto vicina alla frontiera e c’è sempre un via vai di gente. Ogni settimana, più o meno, abbiamo purtroppo notizie di attacchi di questo genere, con morti. Credo che lo scopo principale sia quello di creare insicurezza nella zona, in modo che la gente non possa ricominciare a vivere serenamente. A causa di questo stato di cose, ad esempio, le scuole nella zona non sono state riaperte. In altre zone più a Nord, dove noi interveniamo, vicino al Lago Ciad, le scuole invece stanno riaprendo, non tutte, ma una buona parte. Si tratta di strutture che non sono ancora ben equipaggiate per poter fornire tutti i normali servizi, perché erano state occupate in precedenza dai militari o dagli sfollati o rifugiati. Quindi sono aule fatiscenti, però almeno la scuola è cominciata.

D. - Ma queste scuole che hanno riaperto possono essere frequentate anche dai piccoli sfollati?

R. – Sì, dagli sfollati interni e da tutta la popolazione camerunense. Mentre per i rifugiati, per il momento, funzionano solo le scuole al campo profughi di Minawao, gestito dall’Unhcr.

D. - Voi operate nella zona come Caritas diocesana. Di cosa vi occupate?

R. – Stiamo sostenendo alcune di queste scuole affinché tornino ad essere operative soprattutto nella zona sul confine. In particolare a Fotokol, dove ci sono 2500 alunni che hanno ripreso la scuola ma sono costretti in otto aule, quindi in media 300 ragazzi per aula. Lì stiamo cercando di vedere come poter ripristinare altre aule. Inoltre ci stiamo occupando dei bambini fino a 59 mesi, meno di sei anni, in modo che - secondo gli standard fissati dall’Onu - si possa intervenire contro la malnutrizione.

D. - Ci sono alcune organizzazioni umanitarie internazionali che riferiscono come gruppi di rifugiati di nigeriani dal Camerun siano stati costretti a tornare nel loro Paese. Che conferme ci sono?

R. – Si sa che mille, duemila persone sono state rinviate in Nigeria. Il governo, inizialmente, ha negato e attualmente è in corso un’inchiesta per valutare la situazione. Credo che di fondo ci sia la paura che i terroristi si infiltrino tra i rifugiati. Bisogna dire che di questo fatto, comunque, ne hanno parlato anche i mezzi di comunicazione sociali qui in Camerun.

D. - Ci sono notizie lì in Camerun a proposito di una epidemia di meningite che avrebbe colpito il Nord della Nigeria, al confine col Niger?

R. – Posso parlare della situazione in Camerun: quello delle vaccinazioni contro la meningite è un elemento su cui stiamo lavorando ormai da più di anno, perché ci sono spesso dei casi isolati nelle regioni dell’estremo Nord del Camerun. Il nostro impegno è stato quello di fornire vaccini, oltre che personale, per arrivare attualmente a circa 95 mila vaccinazioni.








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