2017-04-25 13:52:00

Crisi Usa-Nord Corea: urgente una mediazione


Si alza il livello della tensione tra Corea del Nord e Stati Uniti. Di fronte alla minaccia di un nuovo test missilistico e di attacchi contro Seul e gli Usa, Washington rafforza lo schieramento navale americano in rotta verso la penisola coreana e invia anche un sottomarino nucleare. Intanto oggi sulle potenzialità nucleari di Pyongyang vertice a tre a Tokyo, tra Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti. Ma chi potrebbe essere in questa situazione un mediatore efficace? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Stefano Vecchia, esperto di estremo Oriente:

R. – Sicuramente la parte che più ha possibilità, proprio perché è da sempre l’unico alleato vero della Corea del Nord, è la Cina. Pechino, tuttavia, ha già chiarito che  ha pochissime  possibilità in questo momento di intervenire concretamente sul regime di Pyongyang. Ciò è dimostrato anche dai rapporti che non sono mai stati a un livello così basso tra Pechino e i nordcoreani. Quindi la situazione è assolutamente difficile, tanto è vero che, in qualche modo, si è instaurata finalmente una linea di contatto, di collegamento diretto tra Pechino e Washington, per cercare non più tanto di intervenire ciascuno per proprio conto sul regime di Pyongyang, ma per trovare una linea comune, che sia poi in accordo per quanto è possibile con quella delle Nazioni Unite.

D. - La Corea del Nord chiede soltanto il rispetto della sua sovranità, quindi delle decisioni sulla questione nucleare, o punta qualcos’altro?

R. - Il regime nordcoreano punta soprattutto a garantire la propria sopravvivenza. Kim Jong-un ha pochi alleati interni, quasi nessuno all’estero; quindi la sua unica arma è quella della forza, quella di proporre la repressione all’interno e la carta del nucleare verso l’esterno, sapendo benissimo che è una carta comunque perdente, cioè è una sfida alla comunità internazionale col rischio che questa possa reagire. Quando parliamo di potenzialità belliche nordcoreane dobbiamo dire che queste sono estremamente limitate. Forse Pyongyang non ha nemmeno la possibilità di lanciare un missile con testate nucleari in realtà; ha solo la possibilità di lanciare qualche decina di missili a lunga gittata. Il problema è che ha sotto tiro, invece, la capitale sudcoreana Seul, che può essere facilmente colpita. La reazione americana come quella giapponese e sudcoreana annullerebbe gli effetti eventualmente del lancio di missili nordcoreani. Il problema è che si presenterebbe però una situazione nuova e sicuramente difficile e aperta ad altri scenari. Ed è quello che sia Washington che Pechino stanno cercando di evitare.

D. - Perché l’Onu tarda ad intervenire in questa crisi?

R. - C’è sempre il problema del veto cinese e russo sulle decisioni del Consiglio di Sicurezza. Questo è stato un elemento determinate in passato e, in secondo luogo, anche le Nazioni Unite stanno cercando una soluzione nel rispetto del Diritto internazionale e, quindi, una soluzione negoziata.

D. - Come vedi nell’immediato futuro gli sviluppi di questa situazione?

R. - Il regime nordcoreano sa benissimo che una provocazione contro l’obiettivo giapponese, sudcoreano o, ancora peggio, americano, potrebbe portare ad una reazione che vorrebbe dire la sua fine, e sta in qualche modo ricattando la stessa dirigenza cinese: Pechino teme un scenario in cui, da un lato ci siano milioni di profughi nordcoreani che entrano nel suo territorio con effetti potenzialmente destabilizzanti, e dall’altro non vuole assolutamente che si venga a creare una situazione di contatto diretto tra sudcoreani e alleati statunitensi nel proprio territorio. Quindi sicuramente in caso di conflitto, in un modo o nell’altro, Pechino interverrebbe entrando probabilmente in territorio nordcoreano creando un’area cuscinetto e poi cercando di avviare un colloquio, un dialogo con quello che potrebbe essere eventualmente il successore di Kim Jong-un.








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