2017-04-26 12:45:00

Siria: al via progetto per curare le ferite nascoste dei bambini


Con il Centrafrica, anche la Siria. Così Papa Francesco ha esortato la presidente dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, Mariella Enoc, a realizzare progetti di assistenza per una popolazione afflitta da sei anni di guerra. Lo ha raccontato lei stessa, aprendo stamani a Roma il convegno: “Siria. I bambini e la guerra, le ferite nascoste”, durante il quale è stata presentata una nuova iniziativa a favore dei piccoli siriani colpiti dai disturbi post-traumatici da stress. “Un piccolo progetto, ma ogni goccia fa un oceano”, ha detto riprendendo le parole di Madre Teresa di Calcutta. Il servizio di Giada Aquilino:

Quasi 6 milioni di bambini siriani vivono sotto i bombardamenti. Di questi, circa 3 milioni sono cresciuti vedendo solo la guerra. Un’intera generazione non conosce nessun altro scenario, nessun’altra realtà. Parte da tale constatazione il progetto di collaborazione tra Bambino Gesù e Fondazione Giovanni Paolo II, il cui scopo è quello di fornire assistenza specializzata ai piccoli siriani colpiti dai disturbi post-traumatici da stress. Se n’è parlato al convegno svoltosi all’ospedale pediatrico della Santa Sede, a cui è intervenuto padre Firas Lutfi, superiore del Collegio francescano di Terra Santa di Aleppo:

R. – Oggi la situazione è più tranquilla ad Aleppo, ma la guerra non si è fermata in tutta la Siria. Sono tante le città in cui si combatte e c’è violenza, ma la particolare situazione dei bambini è molto drammatica: sono loro che hanno subito i maggiori torti, la violenza, lo stress e tutte le conseguenze di una terribile guerra che dura da ben sei anni. Si sta ora elaborando un progetto a livello psicologico per i bambini in varie città della Siria: a Damasco, a Homs, ad Aleppo. Ad Aleppo sono il responsabile di questo progetto, che darà una mano a curare le ferite, i traumi, ma anche ad aiutare i bambini a sviluppare i loro talenti e ad avere un sistema di prevenzione dei problemi psicologici creatisi in questa situazione. Si tratta di una cura soprattutto attraverso l’arte: la musica, lo sport, la pittura… I ragazzi di Aleppo sono centinaia di migliaia e questo progetto certamente non coprirà tutti i bisogni, però certamente quelli di centinaia di ragazzi che frequentano il nostro convento.

D. – C’è una testimonianza, un racconto di uno dei bambini seguiti da voi che l’ha particolarmente colpita?

R. – Una ragazza di 14 anni che ha vissuto l’esperienza di un bombardamento: lei si è salvata dalla bomba, però ogni volta che sente un rumore incomincia a venirle voglia di buttarsi giù dal balcone. Poi c’è un disegno – terrificante – di un ragazzo che seppellisce il babbo e la mamma e poi dice: “O morte, io non ho più paura di te! Quello che è più tremendo è vivere”. Ecco, due esperienze veramente toccanti, che rispecchiano la gravità della situazione: i ragazzi vedono nella stessa vita il terrore.

In Siria, due bambini su tre dicono di aver perso qualcuno che amavano, la loro casa è stata bombardata o sono rimasti feriti a causa del conflitto, molti adolescenti fanno uso di droghe, le violenze domestiche sono aumentate. Tanti piccoli soffrono di insonnia, perdita della parola, disturbi di autolesionismo, minzione involontaria. Sono soltanto alcune delle facce della tragedia siriana, come spiega suor Yola Girgis, superiora della comunità di Damasco delle suore francescane missionarie del Cuore Immacolato di Maria:

R. – La cosa più importante che manca ai bambini è un posto per giocare, l’aria pulita, senza bombe, senza la paura che un giorno entreranno i terroristi a prendere il loro quartiere. I bambini soffrono perché tanti dei loro padri sono andati via o sono morti o sono ancora in guerra a prestare servizio militare. Poi, mancano le medicine: abbiamo purtroppo tanti bambini malati di cancro e non ci sono medicine per curarli.

D. – Come questa nuova iniziativa può aiutare i bambini siriani?

R. – Abbiamo saputo che questa iniziativa è partita da Papa Francesco e questo ci ha dato molto coraggio e molta forza per andare avanti. Purtroppo, notiamo nei disegni dei bambini molto dolore. Però, vediamo la loro speranza quando ballano, quando noi insegniamo dei canti animati da loro e sono contenti. Loro ballano perché sentono la certezza di essere sicuri con noi, in mezzo a noi. E sentono che noi li amiamo e che rimaniamo con loro.

Un progetto di tre anni, quello del Bambino Gesù e della Fondazione Giovanni Paolo II, con l’obiettivo di “formare i formatori” impegnati con gli operatori siriani nel trattamento dei bambini affetti da disturbi post-traumatici da stress. Il prof. Federico Vigevano è direttore del dipartimento di Neuroscienza del Bambino Gesù:

R. – La sindrome post-traumatica da stress è l’insieme di tutte quelle conseguenze sul piano psicologico e psichiatrico che derivano da eventi traumatizzanti, in questo caso la guerra. Sono conseguenze che si possono trattare, purché si faccia affidamento su personale estremamente qualificato. Quindi, il progetto è quello di fare un’educazione degli operatori che poi interverranno nelle varie sedi in Siria. Si tratta di fare una psicoterapia mirata, tenendo presente che i migliori risultati si ottengono nelle terapie individuali, rispetto alle terapie di gruppo. Però, il numero dei ragazzi è così alto che per forza di cose dovremmo organizzare degli interventi di psicoterapia di piccoli gruppi per brevi periodi.

Ancora una testimonianza, dunque, della sollecitudine del Papa e della Santa Sede per quella che Francesco ama definire la “cara” popolazione siriana, come spiega l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati:

R. – Papa Francesco è un uomo molto concreto, che non vuole dire soltanto parole ma vorrebbe che noi cristiani cattolici rispondessimo ai guai, ai conflitti e alle sofferenze del mondo in maniera molto concreta. E questo mi sembra un progetto molto concreto, soprattutto in favore della speranza, perché si tratta di bambini e ragazzi che sono la speranza sia del loro Paese, sia della loro comunità di fede.

D. – Come la comunità internazionale in questo momento può dare un segno concreto di speranza alla Siria?

R. – La comunità internazionale deve premere sempre di più per una soluzione politica e diplomatica del conflitto, trovare una strada per la transizione, per la fine del conflitto, della guerra e della sofferenza di questo popolo.

D. – In questo momento di tensione in Siria, ma anche con la Corea del Nord, il presidente statunitense Donald Trump vorrebbe incontrare il Papa, quando sarà in Italia per il G7 di Taormina. Quanto è importante ora un incontro del genere?

R. – Un incontro tra uomini che portano grandi responsabilità di fronte alle loro comunità e alla comunità internazionale è sempre positivo: scambiare idee, incoraggiarsi vicendevolmente nel giusto cammino della pace e della speranza.








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