2017-04-27 13:43:00

Il Venezuela fuori dall'Osa: nuove vittime nelle proteste


Il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha deciso di ritirare il suo Paese dall’Osa, l’Organizzazione degli Stati Americani. All’origine della decisione il mancato appoggio dell’istituzione internazionale al governo di Caracas nel contesto delle manifestazioni, ormai giornaliere, contro il capo dello Stato, sullo sfondo della durissima crisi economica che attanaglia il Paese. Anche ieri due le vittime delle dimostrazioni per un totale di 28 morti dall’inizio delle contestazioni. Sulle conseguenze della decisione di Maduro, Giancarlo La Vella ha intervistato Loris Zanatta, docente di Storia dell’America Latina all’Università di Bologna:

R. – Il Paese si sta in larga parte isolando da sé, non rispettando le regole che la carta dell’Organizzazione degli Stati Americani prevede, cioè la clausola di democraticità. Quindi, in qualche modo, il Venezuela, isolandosi e uscendone, cerca di non esserne espulso. E’ un’altra delle tante forme di radicalizzazione che sta assumendo il regime politico di Caracas mano a mano che perde il consenso. Ovviamente questo non necessariamente porterà a risultati positivi per i venezuelani prima di tutto, ma per lo stesso governo che probabilmente quanto più si radicalizza tanto più rischia di spaccarsi al suo interno.

D. – Questa crisi potrebbe essere risolta con un intervento forte a livello di comunità internazionale?

R. – Sinceramente non credo che la comunità internazionale possa fare più di tanto. Quello che può fare è premere sul regime dall’esterno, con la consapevolezza però che il regime chavista ha il controllo di tutte le leve del potere. La pressione esterna può per l’appunto indurre ad aprire alcune crepe nel governo. Alcune si sono viste proprio in questi giorni sia nelle forze armate sia soprattutto nel potere giudiziario. Quindi può essere una forma per indebolirlo e aprire dei margini per quello che poi tutti chiedono in fin dei conti, cioè il ritorno alla vigenza della Costituzione e l’indizione di libere elezioni.

D. - E’ possibile fare un paragone tra la crisi venezuelana e quella di altri Paesi dell’area latino-americana?

R.  – La crisi del Venezuela è una crisi che non ha comparazioni possibili per la sua gravità, perché parliamo di un regime politico che si era proposto a modello di antiliberalismo nel decennio scorso e, non dimentichiamolo, di un Paese che per almeno 10 anni ha goduto di introiti veramente eccezionali grazie agli alti prezzi del petrolio. Detto ciò, sicuramente, proprio perché era un modello, questa situazione significa la crisi delle ricette, a dir la verità molto tradizionaliste, cioè populismo, nazionalismo, protezionismo, che il Venezuela ha indicato come strada contro il liberalismo. Il fallimento ha questo senso generale, al di là del fatto che però, ribadisco, la crisi del Venezuela ha tratti veramente eccezionali.

D. – Nell’immediato futuro quale scenario prevede?

R. - Si può prevedere che il governo controllando tutte le leve del potere abbia il tempo dalla sua parte e tutti gli strumenti che il governo assume per prendere tempo fanno il suo gioco. Si è visto anche con le mediazioni tentate l’anno scorso, che, purtroppo, sono state usate strumentalmente dal governo per prendere tempo, mentre l’opposizione difficilmente potrà mantenere per giorni e giorni la grande mobilitazione che ha tenuto fino ad ora e che, tra l’altro, costa, non dimentichiamolo, un pedaggio di sangue molto elevato. Detto ciò, la situazione economica, la situazione diplomatica, la situazione politica, sono talmente gravi che io non penso che Maduro possa rimanere al potere in maniera indefinita, anche perché, non dimentichiamolo, alle ultime elezioni legislative il governo ha preso solo il 30 per cento dei voti. Quindi c’è un tracollo della sua popolarità rispetto al passato. L’importante è conservare la pressione internazionale e penso che qualcosa di molto importante potrebbero dire i militari venezuelani, anche se nessuno desidera un colpo di Stato, anche perché un golpe potrebbe portare non necessariamente alla democratizzazione. I militari sono fortemente ideologizzati e potrebbero cercare di fare del Venezuela una nuova Cuba, cosa che non mi sembra desiderabile.








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