2017-04-29 13:50:00

La gioia dei fedeli egiziani alla Messa con il Papa


In tanti hanno partecipato alla Messa del Papa. Era presente anche padre Alberto Sanchez, religioso comboniano che vive nella capitale egiziana. Ascoltiamo la sua testimonianza al microfono di Fabio Colagrande:

R. – Nonostante tutte le complicazioni per arrivare allo stadio, i checkpoint per la sicurezza che hanno creato un po’ di confusione, la gente alla fine è arrivata in ordine ed è riuscita a entrare nello stadio che si è riempito presto e questo ha riempito molto l’ambiente di festa, l’ambiente di gioia che sente il popolo egiziano ma anche le altre persone di altri Paesi, perché qui sono presenti persone di tutto il mondo, di tutte le nazionalità.

D. - Si parla di una partecipazione circa 30 mila persone tra cui anche ortodossi…

R. – Certo, la comunità ortodossa si sente molto unita a tutta la comunità cattolica e viceversa. Tra i cristiani dell’Egitto non ci sono differenze: ci si sente una sola cosa nella fede, nel Vangelo di Gesù Cristo.

D.  – Anche alcuni musulmani avevano chiesto di poter partecipare alla celebrazione?

R. – Sì, io ho visto alcuni rappresentanti.

D.  – Nell’omelia il Papa ha ricordato che “l’unico estremismo ammesso per i credenti è la carità”…

R. – Certo, la carità che è amore, l’amore che ci unisce nel dialogo, che ci apre all’altro.

D.  – Il dialogo interreligioso e il dialogo che il Papa ha avuto con il presidente Al-Sisi potranno migliorare anche la situazione dei cristiani in Egitto?

R. – Certo, anche se è stato a un certo livello, con alti concetti, anche a livello accademico: il vero dialogo incomincerà dopo, nella vita quotidiana, che già si pratica. Quindi, questo è un continuare il dialogo a sostegno di tutte le nostre comunità. Penso che sia un ricominciare quello che è si era fermato nel dialogo con Al-Azhar e il presidente facilita questo contesto di dialogo fra i cristiani e musulmani.

Ma cosa ha portato all'Egitto questa visita? Roberta Barbi lo ha chiesto a padre Andrea Fahmi, professore di Teologia morale e amministratore della curia nella diocesi di Giza:

R. – La visita ha portato il messaggio della pace, ha concentrato tutto ciò che il Papa ha compiuto in questa prospettiva di realizzare la pace, di annunciare la pace, che si può trovare fra le cose comuni tra le religioni, specialmente in Egitto, dove abbiamo varietà di confessioni religiose e anche di religioni. La prospettiva era questa: annunciare che tra tutte le religioni, tutte le confessioni religiose ci sono elementi in comune, in particolare la pace. Gli incontri sono stati molto belli e fruttuosi: tra questi, l’incontro ad al-Azhar, il centro più importante dell’Islam in tutto il Medio Oriente, dove si è svolto una conferenza per la pace, e il Papa ha detto una parola molto forte a tutti. Anche le parole del Grande Imam di al-Azhar sono state calorose e piene di elementi in comune.

D. – È ancora vivo il dolore per gli attentati del 9 aprile scorso in due chiese. Come ha vissuto la comunità questo incontro con il Papa venuto come pellegrino di pace? È un segno di speranza?

R. – A livello umano veramente non si può cancellare un dolore immenso come quello: i familiari, tutti i cristiani … non sarà molto facile dimenticare il dolore, perché è stato un atto barbarico. La visita del Papa nel luogo in cui sono stati compiuti questi attentati – perché lui ha fatto una visita proprio alla chiesa in cui è stato compiuto l’attentato di dicembre, non quello di aprile – è stato un atto di sollievo, se si può dire, un atto di consolazione per i familiari: hanno pregato davanti alle immagini dei martiri che erano lì, nella chiesa. Il Papa ha avuto questa intuizione di mettere la sua carezza su questo dolore umano: il Papa sempre cerca il lato “umano” della Chiesa. Anche la preghiera per i familiari, per tutti noi è stata una consolazione. Credo che questa visita abbia portato anche qualche segno di consolazione per il popolo sofferente a causa degli attentati.

D. – Come è stato accolto Francesco in Egitto?

R. – Dalle autorità politiche, in maniera splendida: c’è stata una grande preparazione, hanno offerto la possibilità di partecipare alle cerimonie e alle visite; il livello di sicurezza pure è stato molto alto in tutte le chiese, in tutte le parrocchie prima del suo arrivo. Anche all’università di al-Azhar, dove l’Islam è fortemente rappresentato, anche lì è stato accolto molto bene. Il popolo d’Egitto, tutto, da quello che sentiamo sia dai mass media sia dalle persone, la gente ha accolto Papa Francesco veramente come una persona di pace.

D. – Cosa rimarrà nei vostri cuori di questa visita del Papa?

R. – Penso che sia importante tradurre in pratica le parole che il Papa ha detto oggi alla Messa: lui ha parlato molto della pace, della fede viva, di essere contrari alla violenza e di fermare la violenza, sempre. Sono parole che rimangono. Hanno bisogno molto di essere effettive nella vita concreta. Io credo che i messaggi che ha lasciato il Papa sia con la sua presenza sia con le sue parole porteranno frutti, almeno al livello di tranquillizzare il popolo cristiano e poi anche per far sentire la voce della Chiesa universale, che la Chiesa è con noi anche nei nostri dolori e nella nostra situazione politica e religiosa qui, in Egitto. Io credo che un ruolo importante dovrebbe avere anche la Chiesa locale, che dovrebbe fare da ponte tra le parole del Papa, la presenza del Papa e la presenza della Chiesa, in modo che in Egitto diventi un po’ un anello che lega la Chiesa cattolica universale al Paese stesso, con la sua varietà di religioni e di confessioni religiose. Tocca a noi tradurre tutto questo nei fatti, in concreto.








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