2017-04-29 14:16:00

Neonata comprata. Griffini: è cultura del figlio ad ogni costo


Fa discutere il caso della neonata che a Latina è stata oggetto di una compravendita: la bimba è stata valutata al prezzo di 20mila euro. La polizia ieri ha arrestato tre persone: la madre naturale della bambina, una giovane rumena; l’acquirente, un’italiana di 35 anni che ha simulato la gravidanza, e un intermediario marocchino. La bimba, ora in una struttura protetta, era stata riconsegnata alla madre biologica dopo i sospetti sollevati all’anagrafe perché mulatta. Per un commento sulla vicenda, Marco Guerra ha intervistato Marco Griffini, presidente dell’Ai.Bi. (Associazione amici dei bambini), ente accreditato per le adozioni internazionali:

R. – Direi che la vicenda è indice di questa subcultura che ormai si è creata così nel contesto italiano, ma anche europeo - se non mondiale - di questa ricerca del figlio ad ogni costo. Il figlio diventa l’oggetto di un desiderio per cui pur di ottenerlo si è disposti a tutto, quindi dal mercimonio, alla compravendita, alla pratica dell’utero in affitto  … Tutto pur di soddisfare questa voglia di avere un figlio. Si arriva così a superare il limite dell’etica, il limite del diritto dell’altro, per cui diventa veramente normale acquistare un figlio. Non è assolutamente un atto di accoglienza, è un atto di possesso.

D. - Ci sono anche casi in Africa di donne messe a partorire bambini per coppie occidentali …

R. - Sì, questa è una cosa risaputa da tempo. Si sapeva di questi viaggi turistici di donne che vanno in questi ospedali dove avviene il passaggio dalla madre al figlio con il riconoscimento. La pratica è effettivamente in uso prima dell’utero in affitto. Quando quest’ultima è stata liberalizzata in alcuni Paesi, il suo utilizzo è diventato quasi normale. Qui si impone subito una considerazione: da un punto di vista etico mi pare che i figli debbano “nascere” in due modi: o nella propria pancia o in adozione.

D. - Per essere chiari: si ribadisce che programmare fin dal concepimento un bambino che non avrà la propria madre, il proprio padre, quindi creando volontariamente un orfano, è un reato …

R. - Prima di essere un reato è una cosa oscena. Mi chiedo come si possa pensare di mettere al mondo un figlio e poi di venderlo; un conto è invece portare a termine una gestazione coma avviene per molti dei nostri figli adottati, una gestazione con tutte le difficoltà, in cui la madre poi decide di abbandonarlo per darlo in adozione. Assistiamo moltissimo a questi fenomeni, donne disperate che decidono di non abortire e pur sapendo che non potranno accudire questo bambino portano comunque a termine la gravidanza per poter dare a questo bambino un futuro nell’adozione. Siamo ai confini del dono: ti regalo la vita affinché tu possa essere accolto.

D. - La bambina, nel caso di Latina, è stata rifiutata per via del fatto che era mulatta. Queste pratiche poi portano anche ad una selezione che chiede il maschio piuttosto che la femmina, il colore degli occhi o dei capelli …

R. - Qui, nel caso di Latina almeno a quanto risulta non è un problema razziale, ma un problema di riconoscimento, in quanto questa madre acquirente avrebbe voluto far vedere che la figlia era un prodotto del suo ventre, ma essendo mulatta, non avrebbe potuto giustificare il fatto del colore all’ufficiale dell’anagrafe. Però effettivamente vediamo, come per esempio nelle pratiche dell’utero in affitto, ci sia tutta una selezione della scelta della madre in relazione alle caratteristiche eugenetiche, per cui si vuole trovare quello che assomiglia di più, la madre più bella per aver il bambino più bello … Chi acquista vuole un prodotto perfetto.

D. - Quindi avere un figlio diventa da un atto di accoglienza un capriccio che deve essere soddisfatto anche secondo determinati criteri …

R. - Sì. Qui veramente il termine accoglienza non c’entra niente. Quando subentra un vendita, l’accoglienza lasciamola da parte. Lo vediamo, purtroppo, in alcune famiglie che, avendo subito la selezione ma non essendo stati accompagnati, arrivano purtroppo all’adozione con questi concetti, quindi accogliere un figlio che corrisponde ai propri desideri, di età, di colore, di sesso, di pelle. E questa non è accoglienza; l’accoglienza è l’accoglienza di un dono che poi produrrà molti frutti buoni e belli.








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