2017-05-06 13:52:00

Siria: regge la tregua in quattro zone della parte occidentale


In quattro zone della Siria tacciono le armi. Dalla mezzanotte è entrato, infatti, in vigore l’accordo per la de-escalation nella parte occidentale del Paese. Il ministero degli Esteri russo ha pubblicato sul suo sito web ufficiale il testo del memorandum siglato ad Astana, in Kazakistan, da Russia, Turchia e Iran. Massimiliano Menichetti ha intervistato al riguardo Pietro Batacchi direttore di Rivista Italiana Difesa:

R. – Possiamo dire, come premessa generale, che si tratta di un bel test per gli attori sul campo e per capire quanto le tre potenze dell’accordo, Iran, Turchia e Russia, abbiano la capacità di controllare i loro proxy locali, i loro attori sul terreno. La seconda considerazione da fare è che l’accordo dimostra ancora una volta chi effettivamente ha un ruolo in Siria, ovvero l’Iran e la Russia da una parte, che stanno con il regime di Assad, e dall’altra la Turchia, che controlla una buona parte della cosiddetta “ribellione non Stato islamico”. Il sedicente Stato islamico ovviamente è fuori da questo accordo e continuerà ad essere combattuto da tutti.

D. – Chi sono, dunque, sul terreno i gruppi collegati a queste potenze?

R. – Per quanto riguarda Iran e Russia, stiamo parlando delle forze lealiste, governative, e degli Hezbollah più le milizie sciite di corredo; per quanto riguarda la Turchia, invece, si tratta di quelle realtà come il Free Syrian Army, quantomeno le parti controllate, egemonizzate, dalla Fratellanza Musulmana siriana. Quest’ultima è uno strumento di Erdogan, ricordiamolo, perché l’Akp, il suo partito, è oggi la prima e più importante, centrale della Fratellanza Musulmana in tutto il Medio Oriente. Dall’altra parte, ci sono anche gruppi salafiti attigui alla stessa Fratellanza musulmana siriana, che in qualche misura dipendono, se non altro per il supporto logistico, dalla Turchia. Lo Stato Islamico resta fuori, sarà importante vedere e capire come si comporterà al-Nusra, cioè al-Qaeda in Siria; e questo sarà un altro degli elementi fondamentali.

D. – La Russia ha subito ribadito che l’accordo raggiunto ad Astana, che si concretizza in queste quattro aree, tiene conto delle proposte che gli Stati Uniti hanno avanzato a inizio anno, proprio con l’obiettivo di creare le condizioni per garantire la sicurezza dei civili e fermare le violenze…

R. – La Russia ha una caratteristica: ha una politica estera animata da una buona dose di realismo e pragmatismo. Sa benissimo che se gli Stati Uniti decidono in qualche misura di boicottare l’accordo, vi potrebbero essere dei problemi, posto che gli Stati Uniti, oltre un certo grado di influenza sui curdi siriani, hanno poco da mettere sul terreno in Siria; però hanno tutta un’altra serie di strumenti, come ha dimostrato il raid contro la base dell’aviazione siriana di Shirat, per influire sul conflitto. Per cui la Russia conosce benissimo questo aspetto e si comporta di conseguenza. Sa benissimo che il presidente Trump, nel suo primo viaggio all’estero, come prima tratta sarà in Arabia Saudita, un altro attore che ultimamente è stato assorbito dal “tritacarne” yemenita, ma che ha sempre una certa influenza nel conflitto siriano.

D. – Comunque, in via generale, è stato rimarcato che la lotta contro il terrorismo continuerà: che spazi avranno questi corridoi umanitari, dunque?

R. – I corridoi umanitari si potranno fare e si faranno dove ci saranno le circostanze per farli. Non dimentichiamoci che anche ad Astana ci sono alcune realtà della ribellione che hanno già espresso i loro dubbi e la loro contrarietà all’accordo. Quindi molto dipenderà dalla situazione sul terreno. C’è però un elemento da tenere in considerazione, ovvero il fatto che dopo sei anni di un conflitto straordinariamente feroce, può subentrare anche quello che si chiama “effetto stanchezza”, per tutti gli attori in campo. Vedremo se prevarrà la responsabilità o ancora l’estremismo. 








All the contents on this site are copyrighted ©.