2017-05-11 12:39:00

Zona euro in ripresa, ma vanno male Grecia, Spagna e Italia


In Europa la disoccupazione continua a scendere e si consolida la ripresa. E’ quanto sottolineano le  previsioni economiche di primavera della Commissione Ue. L’Italia è il Paese che cresce di meno. Per il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, l'incertezza che pesa sull'economia europea dovrebbe continuare a diminuire nei mesi a venire. Massimiliano Menichetti:

L’anno prossimo la disoccupazione in Europa si attesterà al 7,7%, dopo la discesa all'8% di quest'anno e nell’Eurozona giungerà all'8,9% dopo il traguardo a 9,4% del 2017. Così le previsioni economiche di primavera della Commissione Ue, mentre la Banca Centrale Europea, nel suo bollettino mensile, assegna a Grecia, Spagna, Italia, a causa della crisi affrontata, la maglia nera dell’occupazione. Male anche il Lussemburgo. L’Italia in particolare è il Paese che in Europa cresce di meno e per il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, persistono fragilità strutturali. La Commissione Ue rivede comunque al ribasso le stime sul deficit italiano, che scende grazie alla manovra-bis al 2,2% quest'anno, in previsione del 2,3% del 2018. La crescita in Europa viene definita salda nel suo complesso: il pil dell’eurozona sale dell’1,7%, quello dell’Ue all'1,9%. Guardando la Francia il deficit si attesterà per quest’anno al 3%, il pil sarà stabile all'1,4%. Per la Germania si prevede un avanzo commerciale in diminuzione, seppur in un regime di crescita stabile. La Brexit incidrà invece sul Regno Unito provocando un rallentamento. Permane generalmente in Europa un clima d’incertezza, anche se con rischi bilanciati. Timori che dovrebbero diradarsi con la conclusione del ciclo elettorale nel Vecchio continente: ultima tappa significativa saranno le elezioni tedesche a settembre, dopo quelle olandesi e francesi.

Sulla situazione europea abbiamo intervistato Luigi Paganetto, docente di economia all'Università Tor Vergata di Roma:

R. – L’occupazione è il tema centrale in Italia e in Europa. Rimane vero che l’Europa ha una crescita anemica; mi riferisco all’Europa dell’Eurozona, non all’Europa in generale. I processi di globalizzazione hanno prodotto una serie di squilibri a cominciare dalla cosiddetta “polarizzazione delle competenze”. Ci sono aree di competenza molto elevate, con salari elevati, ma ci sono aree di competenza bassa con salari modesti e un’area intermedia - che corrisponde alla vecchia manifattura - che finisce per avere salari stazionari e disoccupazione crescente. Questo è un punto importante che mostra che c’è un problema di tipo strutturale che va affrontato. Ci sono aree economiche che vanno avanti brillantemente a cominciare dai Paesi dell’ex Est europeo, ma il problema della polarizzazione delle competenze vale per l’Olanda, per la Francia, per la Germania. Questo problema richiede una governance diversa perché altrimenti continueremo con questa crescita anemica, con la disoccupazione che finisce per essere un problema sempre più grande e che determina diseguaglianza in maniera crescente, come crescono le sacche di povertà, che non sono più tali ma diventano un fenomeno endemico.

D. - In Europa sarebbe ipotizzabile il protezionismo che in un certo qual modo sta costruendo il presidente statunitense Trump?

R. - Credo che il protezionismo non sia la risposta, perché non è da lì che nascono i risultati che ci si aspetta. In fondo, non dobbiamo dimenticare che ci troviamo in una situazione in cui gli scambi internazionali sono legati in particolare alla "conoscenza". Chi ha più capacità di commerciare prodotti che hanno alto contenuto di conoscenza ha vantaggio. Quindi bisogna investire su educazione, su conoscenza e anche su riqualificazione del lavoro e, nel frattempo, provvedere a contenere fenomeni di diseguaglianza e di povertà che sono veramente preoccupanti. Questo è un grande tema su cui non si può fare a meno di riflettere.

D. - Per il Commissario agli affari economici Moscovici, le elezioni in Francia, Olanda e quelle che si terranno in Germania a settembre in un certo qual modo incidono sul clima di incertezza, sulla crescita. Secondo lei è così?

R. – Questo aiuta a vedere un aspetto importante, ma credo che sia forse più importante, ricostituire un rapporto fiduciario tra i cittadini, le istituzioni e la politica, perché se non c’è la fiducia dei cittadini che è decisiva per l’evoluzione del tema economico, si finisce per andare nella direzione sbagliata. Credo che c’è un problema di ricostituzione di un rapporto fiduciario che nasce nella società civile, nelle famiglie, nelle istituzioni intermedie che va perseguito e ripreso come è necessario, perché altrimenti anche la politica poi finisce per non aere gli strumenti per agire.








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