2017-05-11 11:59:00

No della Turchia agli Usa sulle armi ai curdi in Siria


Frizioni tra Turchia e Stati Uniti sull’iniziativa annunciata da Washington di fornire armamenti al miliziani curdi in chiave anti Stato Islamico. “La lotta al terrorismo non si può fare con un'altra organizzazione terroristica” ha detto il capo dello Stato turco Erdogan, che la prossima settimana incontrerà il presidente americano Trump alla Casa Bianca. Sull’eventualità di rafforzare militarmente le milizie curde, Giancarlo La Vella ha intervistato Fulvio Scaglione, esperto di questioni internazionali di Famiglia Cristiana:

R. – In chiave anti Is naturalmente più avversari si riescono a mobilitare e meglio è. Detto questo è chiaro che armare i curdi è una decisione non solo tattica, ma anche strategica, politica e significa appunto urtare la sensibilità della Turchia che riguardo ai curdi è ipersensibile. Credo che la mossa di Trump, comunque, sia rivolta non tanto alla Siria – d’accordo, c’è la conquista di Raqqa in ballo, la battaglia finale contro l’Is - ma sia rivolta soprattutto a compiacere i curdi dell’Iraq che hanno già annunciato di voler tenere un referendum per l’indipendenza e che naturalmente se dovessero divenire uno Stato, per quanto piccolo, indipendente ma fortemente appoggiato, legato agli Stati Uniti, sarebbero una specie di incubo per la Turchia di Erdogan.

D. - Una volta risolta la questione siriana, non sarà proprio quella curda a  cui la comunità internazionale dovrà mettere mano?

R. - La comunità internazionale doveva mettere mano alla questione curda ormai da più di un secolo e non l’ha ancora fatto. Credo che molto dipenderà dallo stato dei rapporti tra Stati Uniti e Turchia, perché quando questa era un alleato fedele degli Stati Uniti, un membro della Nato rigorosamente allineato ai desideri americani, la questione cruda non era mai al primo posto dell’Agenda, anzi, era agli ultimi posti. Adesso che i rapporti tra Turchia e Stati Uniti non sono buoni, questi ultimi potrebbero usare la questione curda come uno strumento per far leva, per fare pressione su Erdogan e sul suo regime. Bisogna vedere come evolverà lo stato dei rapporti tra Stati Uniti e Turchia.

D. - La questione curda, soprattutto per quello che riguarda l’aspetto siriano è qualcosa che interessa molto anche la Russia. Quale potrebbe essere la posizione di Mosca?

R. - Credo che la posizione di Mosca sia quella che abbiamo visto delineata con quell’accordo sulle zone di de-escalation, che sono di fatto, in realtà, delle sfere di influenza che Iran, Russia e Turchia si sono ritagliati dentro la questione siriana. Credo che Mosca, da questo punto di vista, sia assolutamente cinica, ovvero sia disposta a patteggiare su tutto purché vengano conservati e rispettati i suoi interessi strategici, ovvero avere nella parte cruciale della Siria, cioè sull’asse Aleppo-Damasco un governo di propria fiducia.








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