2017-05-15 14:07:00

Sabbah: solo pace tra due Stati può normalizzare rapporti israelo-palestinesi


La questione della ‘normalizzazione’ dei rapporti tra lo Stato israeliano e quello palestinese è tornata di attualità sulla scena internazionale, dopo quasi 70 anni di conflitto, a seguito di alcune dichiarazioni del movimento palestinese Hamas che per la prima volta si è detto in conflitto “con il progetto sionista e non contro gli ebrei per via della loro religione”. Ma come ‘normalizzare’ una situazione tanto compromessa? A questa domanda risponde un documento dell’Assemblea degli Ordinari cattolici della Terra Santa. Roberta Gisotti ha intervistato il patriarca emerito di Gerusalemme Michel Sabbah, presidente della commissione Giustizia e pace, che ha redatto la nota, pubblicata ieri:

“Nell’attuale situazione politica confusa e senza speranza - si legge nel testo - le comunità cristiane, i leader della Chiesa e i singoli credenti, sono richiesti di continuo discernimento. Sono invitati a consultare - prosegue la nota - e a lavorare strettamente per trovare  le vie migliori per testimoniare una società giusta e uguale per tutti, al tempo stesso coltivando relazioni rispettose con tutti i cittadini, con i quali sono chiamati a vivere insieme per una pace giusta e durevole”.

D. - Beatitudine Sabbah, anzitutto che cosa si intende per “normalizzazione”, al di là delle dichiarazioni politiche?

R. – In questa situazione di guerra tra Israele e Palestina vuol dire comportarsi come se non ci fosse la guerra; come se tutte le cose andassero bene e che non ci fosse alcun problema! E’ una situazione di conflitto tra due popoli mai risolta, dove gli israeliani occupano militarmente i territori palestinesi, che dunque non hanno la loro libertà; mentre nello Stato d’Israele, i palestinesi che sono cittadini lì soffrono della discriminazione tra ebrei e non ebrei. Qui ci sono ingiustizie, ci sono migliaia di prigionieri politici, e c’è in Palestina un’economia che non si può sviluppare normalmente … Certo, bisogna avere rapporti con Israele e avere rapporti con la Palestina, fare un dialogo tra ebrei e cristiani, fare un dialogo con i musulmani … Ma in tutte queste attività bisogna avere in mente che si tratta di una situazione non normale e dunque un qualsiasi dialogo deve avere visione di questa anormalità.

D. – Quindi una responsabilità che pesa sulle classi politiche che si sono alternate in tutti questi decenni. Le ultime dichiarazioni che ci sono state da una parte e dall’altra aprono qualche speranza? In questo contesto, quale prezzo hanno pagato e pagano i cristiani?

R. – I cristiani sono palestinesi: quello che pagano i palestinesi pagano i cristiani; siamo cittadini: noi che viviamo nei territori palestinesi siamo sotto occupazione. Il prezzo è quello che pagano tutti: non avere libertà di movimento, se non molto limitata; non avere un accesso normale ai luoghi santi di Gerusalemme, Nazareth eccetera; non avere possibilità economiche normali; avere fame – qualcuno ha fame, non ha lavoro … come il resto della gente. La difficoltà è generale per tutti, per tutti i palestinesi, cristiani o musulmani.

D. – La necessità di risolvere questo conflitto è palese, per risolvere poi anche tutti gli altri del Medio Oriente…

R. – Risolvere sarebbe molto semplice in sé: ciascuno ha la sua casa, Israele ha il suo Stato, la Palestina ha il suo Stato. Ma non c’è la volontà di risolvere, e non c’è nessuna autorità al mondo che possa imporre una soluzione. L’unica autorità che può risolvere è Israele, e Israele dice: “La nostra vita scorre normale, non abbiamo bisogno di risolvere”. Questo è il problema.

D. – Lei a questo punto è proprio scoraggiato …

R. – Scoraggiato, no, perché sono cristiano: scoraggiarsi vuol dire morire. Io non sono morto, sono vivo e sono vivo perché credo in Dio e Dio vuole che noi impariamo a vivere in pace e a fare la pace quanto possiamo: nella parola, nella predica, nelle azioni, nelle attività di resistenza, nelle manifestazioni di massa … ci sono tanti metodi non violenti per dire che bisogna fare la pace. E alla fine, chi lo sa? Speriamo che Dio esaudisca, che Dio muova i cuori perché i cuori umani nessuno può muoverli: solo Dio.








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