2017-05-18 09:13:00

Primerano: musei ecclesiastici non luoghi polverosi ma di stimolo


Il museo come luogo di stimolo alla riflessione e incontro: è una delle sfide che si pone l’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani, Amei, riunita in una tavola rotonda alla Pontificia Università Gregoriana a Roma nell’odierna Giornata Internazionale dei Musei. Sono oltre 800 i musei ecclesiastici italiani, prevalentemente di arte sacra ma anche archeologici e naturalistici. Perché è fondamentale oggi riflettere sull’identità del museo? Debora Donnini lo ha chiesto a Domenica Primerano, presidente Amei, prima donna e prima laica alla guida dell’Associazione:

R. – Perché la situazione dei musei in genere è molto cambiata in questi ultimi decenni e quindi vogliamo capire se anche i musei ecclesiastici hanno modificato il loro modo di essere così come stanno facendo gli altri. Quindi è un po’ l’occasione per fare il punto e soprattutto per far capire quali sono le potenzialità dei nostri musei, potenzialità che spesso non vengono comprese. Il museo oggi non può essere semplicemente un luogo di conservazione; è un luogo di relazione, ma per essere tale, deve essere aperto, deve fare attività che si rivolgano ai diversi pubblici, quindi deve avere del personale che sia attrezzato per svolgere quella funzione pastorale.

D. - Come rilanciare i musei ecclesiastici?

R. - Intanto noi come Amei, Associazione Musei Ecclesiastici Italiani, abbiamo lavorato molto sulla comunicazione, perché siamo vissuti ancora come “uno stile polveroso” e quindi c’è da sfatare questa idea che ruota attorno ai nostri musei e per questo abbiamo lavorato molto sulla comunicazione. C’è da lavorare in termini di apertura; l’anno scorso abbiamo firmato questo accordo con il Ministero che riconosce la nostre specificità, si impegna a valorizzarci e dall’altro canto noi ci impegniamo ad entrare nei futuri sistemi museali. Noi abbiamo queste quattro linee di azione che vorremmo mettere in atto: essere musei del territorio e questo significa rivolgersi anzitutto alla comunità, ai residenti e in seconda istanza anche ai turisti; essere musei accessibili, quindi cercare di lavorare perché le fasce più deboli, quelle che normalmente non accedono alla cultura, possano accedervi; essere musei in dialogo, questa è la nostra grossa sfida e quest’anno faremo un convegno proprio sul dialogo interculturale e interreligioso a partire dalle nostre collezioni, e infine, essere laboratori del contemporaneo.

D. - I musei ecclesiastici con la ricchezza del loro patrimonio possono anche parlare un linguaggio di evangelizzazione se “spiegati” bene …

R. – Certo. Anzitutto possono essere delle palestre all’interno delle quali avvicinare all’iconografia, ai significati delle opere che noi possediamo. Credo che i nostri musei possono diventare quei luoghi della riflessione, quindi non del consumo culturale come sta avvenendo in molti musei che si stanno trasformando in luoghi di attrazione turistica e di consumo veloce delle cultura. Possono essere invece dei luoghi dove ci si ferma, si riflette, si cerca di avere di nuovo davanti a sé le grandi domande della vita in un’atmosfera sicuramente favorevole a questo tipo di incontro, di dialogo spirituale e intimo tra le persone e le opere.








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