2017-05-20 15:30:00

Rohani rieletto presidente dell'Iran col 57% dei voti


È ufficiale: dopo il voto di ieri, Hassan Rohani è stato rieletto presidente dell’Iran. Lo ha comunicato il ministero dell'Interno di Teheran, annunciando che il leader del fronte moderato ha ottenuto il 57% dei voti, staccandosi nettamente dall’avversario conservatore Ebrahim Raisi. Gli elettori iraniani - sono state le prime parole di Rohani - "hanno detto no a coloro che volevano riportare il Paese indietro". Il servizio di Giada Aquilino:

Una vittoria al primo turno che consegna ad Hassan Rohani altri quattro anni alla presidenza dell’Iran. Gli oltre 41 milioni di elettori che ieri si sono recati alle urne hanno scelto la via della continuità, attribuendo poco più del 38% delle loro preferenze al conservatore Ebrahim Raisi, che contestava al fronte moderato di non aver risolto, con gli sviluppi dell’accordo sul nucleare del 2015, i problemi economici del Paese. Antonello Sacchetti, giornalista e scrittore, intervistato da Emanuela Campanile:

“La vittoria di Rohani significa che ci sarà continuità, come d’altra parte è nella tradizione di tutte le tornate elettorali della storia dell’Iran, nel senso che tutti i presidenti iraniani eletti, tranne i primi due – uno scappato dall’Iran, Banisadr, l’altro, Rajai, ucciso in un attentato - sono stati poi riconfermati. Ricordiamo anche la contestatissima rielezione di Ahmadinejad nel 2009. Significa che Rohani continuerà sulla strada dell’apertura alla comunità internazionale, del dialogo e della ricostruzione - in un certo senso – di un’economia uscita devastata dagli otto anni di Ahmadinejad. Quello che dicevano i conservatori in parte è anche vero, ma questo non dipende soltanto da questi quattro anni di governo di Rohani. L’Iran è un Paese con delle diseguaglianze, delle ingiustizie sociali profondissime. Quattro anni fa aveva un’inflazione che viaggiava al 40 percento e ora è ridotta a nove, era un Paese in cui non arrivavano i farmaci salvavita a causa delle sanzioni per il nucleare e adesso arrivano, in cui gli investimenti stranieri erano praticamente sconosciuti e adesso cominciano a giungere e dove il turismo al momento è in piena espansione. Questo non vuol dire soltanto una crescita economica, significa anche un dialogo, un contatto più diretto dell’Iran con il resto del mondo”.

Nel 2013 Rohani aveva ottenuto il 52% dei voti: quindi è salito il gradimento nella popolazione, che in massa si è riversata alle urne, tanto da costringere le autorità a prolungare di sei ore le operazioni elettorali. Quale sarà allora il suo programma? Risponde Annalisa Perteghella, ricercatrice dell’Ispi e conoscitrice delle dinamiche iraniane:

R. – Sicuramente Rohani tenterà di portare avanti la propria agenda di riforme, seppure all’interno del sistema e delle numerose ‘linee rosse’ della guida Khamenei. C’è da dire che ha dalla sua un forte mandato popolare e questo significa che la maggior parte degli iraniani è con lui e appoggia la visione di un Iran più aperto e più progressista. E’ pur vero che c’è da aspettarsi una controffensiva degli ambienti più conservatori, che occupano saldamente gli apparati di sicurezza e soprattutto quello giudiziario. Rohani, quindi, tenterà di tenere questa linea fin quando riuscirà a mantenere una buona relazione con la guida suprema, che è il decisore ultimo e finale.

D. – Quali saranno i capitoli su cui si concentrerà?

R. – L’economia e la continuazione del dialogo con l’Occidente, soprattutto con l’Europa. Mi sembra molto significativo che uno dei primi leader internazionali a congratularsi con Rohani sia stata Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione Europa: questo significa che dobbiamo aspettarci la continuazione e il proseguimento e magari anche l’approfondimento del dialogo con l’Europa, non solo sul nucleare - per le verifiche che effettivamente l’Iran tenga fede ai propri impegni - ma anche per aspetti commerciali e, in modo più soft, per diritti umani e questioni sociali.

D. – Su cosa punterà, invece, il fronte conservatore?

R. – Tenteranno di dipingere Rohani come ‘troppo amico’ dell’Occidente, come la persona che potrebbe diluire i valori della Repubblica islamica e svendere l’indipendenza iraniana all’Occidente. Però, Rohani ha dimostrato di saper sopravvivere pur senza il suo padrino politico, Rafsanjani, che è stato peso massimo della politica iraniana fino alla sua morte nel gennaio di quest’anno. Ciò significa che Rohani sa camminare con le proprie gambe, è molto abile politicamente e poi – ricordo – la posta in gioco reale è un’altra: la successione alla guida Khamenei. Solamente quando arriverà quel momento, soltanto quando sapremo chi sarà stato scelto per succedere a Khamenei ed esercitare quindi il ruolo di guida suprema, sapremo effettivamente quanto ci potrà essere un cambiamento e di che tipo di cambiamento si potrà parlare. Ad oggi, gli scenari sono tutti aperti: si va da una militarizzazione del regime perché si teme che i Pasdaran possano prendere il potere durante la transizione, allo scenario in cui invece Rohani stesso - o qualcuno della sua fazione - aspiri al ruolo di guida suprema.








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