2017-05-25 11:30:00

A Cannes, "Cuori puri", film di Roberto De Paolis


Roberto De Paolis è stato invitato alla Quinzaine de Réalisateurs del Festival del cinema di Cannes dove ha presentato la sua opera prima “Cuori puri”, già nelle sale italiane. Un film sincero, storia di due giovani nella periferia romana, tra contraddizioni, accoglienza e la ricerca di un sentimento vero.  Il servizio di Luca Pellegrini.

Panorama diurno romano: Agnese ha diciotto anni, studente come tanti, una frequenza della parrocchia che ne indirizza stile di vita, pensiero, amicizie. La mamma opera nel volontariato, catalizza nella fede tutte le sue delusioni e incertezze, trasformando il Vangelo in un ferreo codice di norme, che la privano, nel loro estremo, quasi della libertà, della gioia. Vivono nella periferia, un territorio pieno di contraddizioni, con situazioni sempre più difficili da sanare, in quelle sacche di violenza e povertà. Stefano, che di anni ne ha venticinque, appare come il ragazzo esuberante, semplice, che destabilizza la vita di entrambe, perché di Agnese si innamora di lui. È un sentimento, questo tra loro, vero, dunque puro, come lo sono i loro cuori, che fa entrare in collisione due mondi senza che l’uno riesca a comprendere, accettare, aiutare l’altro. Ci riusciranno soltanto quando capiranno di dover rinunciare ai loro punti di riferimento. Roberto De Paolis debutta nel lungometraggio con uno stile molto personale, una particolare cura nel descrivere i suoi personaggi, una naturalezza del racconto che non cede al patetismo e nemmeno alla costruzione artificiale, non venendo mai meno in lui l’assoluta sincerità e un ottimo scavo psicologico. La comunità religiosa; la periferia del lavoro, della precarietà, dell’emarginazione e della violenza. De Paolis, che cosa succede ai personaggi inseriti in questi mondi che si fronteggiano, quasi escludendosi?

R. – Forse emerge un po’ la necessità di questi personaggi di proteggersi, di sopravvivere, di rifugiarsi in uno spazio o in un gruppo di persone che possano in qualche modo funzionare come protezione rispetto all’esterno, nel senso che la periferia è un luogo pericoloso perché è difficile sviluppare una propria personalità, una propria identità: c’è bisogno di omologazione, c’è bisogno di chiudersi nelle comunità, che possono essere i campi rom, possono essere il branco di ragazzi di periferia, può essere una comunità religiosa. Quello che abbiamo cercato di fare noi è stato non giudicare mai, mai, ma di identificarsi con quello che stavamo provando a raccontare. Io sono ateo, però ho fatto un percorso non propriamente di fede ma effettivamente frequentando le catechesi, le Messe, ho fatto personalmente anche un pellegrinaggio… Insomma, una parte di me si è lasciata andare all’idea della fede, anche nella lettura del Vangelo, e infatti questo ha prodotto poi quella che io considero la sfida un po’ più complicata di questo film, che è quella di raccontare una Chiesa aperta, contemporanea, nella figura di un prete filosofo, molto legato alla verità del Vangelo e molto poco ai dogmi dell’Antico Testamento, quelli punitivi, vendicativi. Questa è una cosa che al cinema è abbastanza rara, perché di solito gli autori si mettono in una posizione di giudizio, forse troppo intellettuale e non fanno una vera esperienza.

Ecco dunque Don Luca, un parroco molto concreto: la sua pastorale giovanile coglie i ragazzi nel loro ambiente, mettendolo, quando serve, in discussione. Dialoga con loro come coetaneo e amico.

(Don Luca) “Gesù è come il navigatore della macchina. Ma che fa il navigatore quando sbagliate strada, quando vi perdete, no? Mica dice: 'Mori ammazzato! Avevo detto gira a sinistra, sei andato a destra,  ma ‘ndo vai?'. No, ricalcola il percorso, vi riporta sempre a casa”.

D. – E’ un racconto anche sulla purezza. Perché questa purezza, perché questi cuori sono puri?

R. – Perché credo che la purezza sia un tema molto attuale, anche a livello politico. Tutto quello che sta succedendo rispetto all’immigrazione, non solo in Europa ma soprattutto in Europa, dove gran parte del Nord Africa sta cercando di sbarcare in Europa, ovviamente crea un problema rispetto all’identità che è culturale, è religiosa, storica. Il cristianesimo, come sappiamo, è un po’ l’anima dell’Occidente, quindi è per quello che abbiamo cercato di inserirlo nel film, in un ragionamento sulla purezza anche del territorio: cioè che cosa succede se l’Africa entra in Europa? Ovviamente, un discorso interreligioso, interculturale, dove bisogna mettere in discussione i propri valori e bisogna perdere il concetto di purezza e mischiarsi con chi è completamente diverso da noi. Il parcheggio dove lavora il protagonista maschile è un luogo che deve rimanere puro perché gli zingari o la comunità rom non deve entrare in questo parcheggio e deve rimanere esclusa, segregata in un campo rom; e poi c’è il corpo di una ragazza che deve rimanere puro e che non vuole contaminarsi, che non vuole mischiarsi, che non vuole perdere la propria purezza.








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