2017-05-25 14:21:00

Manchester, la Regina dai feriti. Sospesa collaborazione con Usa


Un minuto di silenzio per le vittime. Il Regno Unito si è fermato per ricordare i morti dell’Arena di Manchester, nel giorno in cui la Regina ha visitato l’ospedale pediatrico dove sono ricoverati i bambini feriti nella strage. Sono 23 le persone che restano in gravi condizioni e in pericolo di morte. La polizia intanto definisce "significativi" gli otto arresti condotti nelle ultime ore. Francesca Sabatinelli:

Otto arresti importanti per le indagini e perquisizioni che hanno fatto acquisire elementi utili. La polizia fa il punto dell’inchiesta sull’attacco alla Manchester Arena, che sembra ormai aver del tutto escluso che Salman Abedi potesse essere un lupo solitario. E’ una fitta rete quella dietro le spalle del giovane: in Libia, Paese di origine della famiglia Abedi, sono stati arrestati il padre e il fratello minore, il ventenne Hashem, che avrebbe confermato l’appartenenza all’Is sua e del fratello kamikaze che, quattro giorni prima dell’attacco si trovava in Germania, a Dusseldorf. A far vacillare l’ipotesi del gesto isolato anche la fattura dell’ordigno, sufficientemente sofisticato, di qui la certezza che esista una cellula ancora attiva. La polizia ha anche annunciato l’interruzione della collaborazione con l’intelligence statunitense a causa della ripetuta fuga di notizie circa l’attentato. Questione che, ha detto la premier Theresa May, affronterà lei stessa con il presidente Usa Trump. La regina Elisabetta, che oggi si è recata in visita all’ospedale pediatrico di Manchester dove sono ricoverati molti dei giovanissimi feriti, ha definito “malvagio” l’attacco, “è terribile – ha aggiunto – aver preso di mira un evento del genere”. Alle 22 vittime la Gran Bretagna intera ha dedicato un minuto di silenzio, mentre il livello di allerta resta critico in tutto il Paese, gli allarmi bomba si susseguono, come quello – poi rientrato – scattato in un college di Trafford, a sud-ovest di Manchester, dove nel frattempo la polizia ha trovato materiale per realizzare altri ordigni esplosivi da usare, secondo i media, in attacchi imminenti. Lorenzo Vidino, direttore del Programma sull’estremismo alla George Washington University:

R. – É chiaro che Salman Abedi era ben integrato in una rete internazionale di soggetti legati al mondo jihadista. La sua storia nasce a livello famigliare: già il padre era membro di un gruppo libico, che sin dagli anni ’90 era legato ad al-Qaeda. Quindi, in un certo senso, Salman Abedi,  “beve l’ideologia jihadista con il latte materno”. È chiaro poi che negli ultimi tempi sviluppa dei contatti  propri, i dettagli non sono ancora pubblici e probabilmente non sono neanche noti alle varie intelligence, contatti legati maggiormente al mondo dello Stato islamico, quindi meno alla galassia di al Qaeda, anche se comunque tra i due gruppi esistono dei momenti di contiguità. Inizia poi un percorso di radicalizzazione molto veloce, stabilisce questi contatti chiaramente anche operativi, vuoi in Libia, vuoi in Siria, vuoi con altri soggetti in Europa, questo è difficile al momento da dire, e con qualche aiuto esterno chiaramente decide di compiere l’attentato di Manchester.

D. - Quanto sono credibili rivendicazioni come quella fatta dallo Stato islamico alcune ore dopo l’attentato?

R. - Difficile dirlo perché lo Stato islamico ha spesso rivendicato eventi con i quali non aveva nulla a che fare e, al tempo stesso, rivendicato altri nei quali invece era direttamente coinvolto o dei quali era a conoscenza, perché una dinamica abbastanza normale è quella di attentato compiuto da soggetto non legato operativamente allo Stato islamico che però spesso, via internet, comunica ai propri referenti e allo Stato islamico, magari soggetti che non ha mai visto faccia a faccia e con i quali comunque è in contatto attraverso piattaforme Social, le intenzioni di compiere un attentato. Quindi in un certo senso lo Stato islamico lo sa solo prima, non è coinvolto nella pianificazione e poi chiaramente una volta compiuto l’attentato, lo rivendica e lo fa proprio. Questa è un arma che porta due vantaggi: all’attentatore, perché non è più solamente il gesto di un soggetto isolato ma si sente parte di un jihad globale, di un movimento globale, e anche allo Stato islamico al quale permette, con un investimento minimo, di avere un ritorno massimo. Questa è una dinamica abbastanza comune. Se questo è ciò che è successo in questo caso, oppure se Abedi fosse collegato anche a livello operativo allo Stato islamico, lo vedremo probabilmente nei prossimi giorni. Bisogna vedere chi abbia confezionato un ordigno esplosivo ben fatto, potente, se sia stato il ragazzo stesso o, come gli investigatori ritengono probabile, sia stato qualcun altro. Se questa persona fosse in Inghilterra o comunque in Europa, è chiaro che sarebbe una dinamica molto preoccupante. Al momento, almeno pubblicamente, non è dato saperlo.








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