2017-05-27 13:38:00

L'esperienza della Comunità di Sant'Egidio a Genova


Genova è una città dalle grandi contraddizioni e per questo il mondo del volontariato cerca ogni volta di adeguarsi ai bisogni e alle necessità di chi vive ai margine. Antonella Palermo ha intervistato Andrea Chiappori, presidente della Comunità di Sant’Egidio nel capoluogo ligure:

R. - Quello che la comunità ci ha insegnato è di essere in mezzo alla strada e di percepire le domande, i bisogni e quindi di rispondere in maniera generosa. Quindi le domande che ci arrivano sono domande sempre nuove. In particolare, in questi ultimi tempi il problema del lavoro ovviamente è una domanda sempre molto forte, ma anche ad esempio il problema della casa è una necessità veramente drammatica, ed è una delle grandi contraddizioni di Genova. Statistiche non ufficiali dicono che a Genova ci sono 50mila appartamenti vuoti e tantissime persone che non hanno una casa. È davvero una contraddizione: pensiamo che attorno alla metà degli anni Settanta eravamo quasi a 900mila abitanti e oggi siamo 585mila compresa una quota di circa 60mila immigrati che sono ormai regolarmente parte della città. Noi in breve tempo, negli ultimi mesi, siamo arrivati ad ospitare, in vari modi che ci siamo inventati, quasi 40 persone: quindi è una cosa molto pesante anche per una realtà grande ma in fondo piccola, come la nostra.

L’attenzione della Comunità di Sant’Egidio è anche per gli anziani, ormai molto numerosi in città ma sempre più soli. “Una periferia che è al centro di Genova”: racconta, al microfono di Antonella Palermo, Maurizio, volontario della Comunità di Sant’Egidio:

R. - Difficoltà personali mi hanno purtroppo fatto vivere questa difficile esperienza della strada, però da sempre la Comunità è vicino agli anziani che sono una grossa realtà di povertà della nostra città. E poi c’è anche una forte percentuale di anziani ultra-ottantenni che vivono da soli e cha hanno bisogno di un aiuto, un monitoraggio, un accompagnamento; quindi c’è una povertà, una periferia che non è, come diceva Francesco, soltanto quella geografica ma anche quella esistenziale. Ad esempio gli anziani sono prevalentemente nel centro storico e quindi questa solitudine che va insieme all’altra grande solitudine del mondo degli anziani che è quella di chi vive in istituto. Il senso di abbandono: anche quello è una grande periferia. D’altra parte noi avvertiamo come intorno a noi, se da un lato crescono le situazioni di difficoltà e di disagio, dall’altro avvertiamo una significativa crescita delle persone che chiedono, che bussano alla porta della comunità dicendo: “Posso fare qualcosa? Vi posso aiutare? Come posso essere utile?”.

D. – E chi sono?

R. – Sono persone che magari sono andate anche in pensione da poco e oggi a 65-67 anni si hanno ancora tante energie da spendere e si trova magari anche un po’ di tempo libero tra le mani, e quindi si ha piacere di dedicarlo a queste attività. Però ci sono anche persone che riescono a ritagliarsi uno spazio quando finiscono il lavoro o magari uscendo prima. 








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