2017-05-27 10:47:00

Il Papa: preghiamo per i copti, uccisi per non aver rinnegato la fede


Uccisi per difendere la loro fede. Sono morti per questo i copti trucidati ieri in Egitto e Francesco ha espresso il suo dolore nella Cattedrale di San Lorenzo a Genova. L’attentato, rivendicato oggi dal sedicente Stato islamico, ha causato 29 vittime, a loro e ai feriti, il Papa ha dedicato una preghiera. Ascoltiamolo nel servizio di Francesca Sabatinelli:

"Fratelli e sorelle, vi invito a pregare insieme per i nostri fratelli copti egiziani che sono stati uccisi perché non volevano rinnegare la fede. Insieme a loro, ai loro vescovi, a mio fratello Tawadros, vi invito a pregare insieme in silenzio e poi un’Ave Maria. E non dimentichiamo che oggi i martiri cristiani sono più dei tempi antichi, dei primi tempi della Chiesa. Sono di più".

Le parole di dolore del Papa seguono la forte condanna espressa ieri da Francesco, in un telegramma inviato al presidente egiziano Al Sisi, a firma del cardinale Segretario di Stato Parolin, in cui il Papa aveva definito "barbaro attacco" quello condotto da un gruppo di uomini armati contro i copti che viaggiavano su un autobus, nel sud dell’Egitto, nella provincia di Mynia, per recarsi nel Monastero di San Samuele. 29 finora i morti, tra loro anche bambini, una ventina i feriti, molti dei quali in gravi condizioni, vittime di un "atto di odio insensato", "un violento oltraggio", così Francesco nel messaggio con il quale aveva espresso la sua solidarietà ai colpiti e, in modo particolare, a "quei bambini che hanno perso la vita".

A migliaia oggi hanno partecipato ai funerali delle vittime dell’attacco, rivendicato dal sedicente Stato islamico che, da diversi mesi, colpisce la minoranza cristiana dei copti. L’Is aveva del resto anche la paternità dei due attentati kamikaze contro due chiese copte, nella Domenica delle Palme, a Tanta e ad Alessandria, così come di quello dello scorso dicembre al Cairo, tutti con decine di vittime. Immediata la reazione del governo egiziano che ha condotto attacchi contro campi jihadisti di Derna, nella vicina Libia. “Non c’è sicurezza per i cristiani” hanno denunciato i familiari delle vittime, mentre Al Sisi ha chiesto al presidente Usa Trump di assumere la guida della lotta contro il terrorismo globale. Unanime la condanna internazionale alla quale si è unita anche quella, importante, della prestigiosa Istituzione dell’islam sunnita, l’Università di Al Azhar, il cui grande imam Ahmed Al-Tayeb ha definito ‘inaccettabile’ l’attentato. Padre Giuseppe Scattolin, missionario comboniano, studioso di mistica islamica, da anni al Cairo:

R. – Siamo di fronte ad un fenomeno molto vasto, quello che noi chiamiamo il fondamentalismo islamico. Dico che la comunità cristiana è evidentemente una piccola comunità, non crea un problema alle società islamiche, anzi! il musulmano normale li accetta volentieri. Però – appunto – noi non siamo di fronte ad un Islam normale, ma ad un Islam fondamentalista. Che vuol dire questo? È qui che secondo me noi manchiamo tutto questo fenomeno: le cause del fondamentalismo islamico non sono attuali, sono prima di tutto delle cause storiche. L’ideologia dove nasce? Questi fondamentalisti si rifanno alle fonti islamiche, quindi è lì che occorre un serio ripensamento anche da parte nostra, cioè vedere cosa c’è dietro tutto questo fenomeno, quali sono le sue radici, le sue cause e i fattori che lo incrementano. Loro hanno degli ideali in testa che sono stati elaborati lungo la storia islamica e che, attualmente, sono manovrati da questi movimenti per una serie di scopi. Prima di tutto nell’Islam non è un fenomeno nuovo la conquista del potere, chi si dichiara legittimo discendente o erede del Profeta ha il diritto del potere, le violenze all’interno dell’Islam, tra le varie fazioni islamiche, sono storiche. Quindi, questo connubio tra religione, violenza e politica, purtroppo è una realtà. Così come noi abbiamo fatto un po’ al tempo del Giubileo, con Papa San Giovanni Paolo II, quella che hanno chiamato la “purificazione della memoria storica”, ossia il riconoscimento della violenza che c’è stata, occorre che i musulmani molto illuminati e sinceri facciano anche questa riflessione storica: la violenza non è nuova.

D. – Il fatto che abbia subito preso posizione una importante istituzione come al-Azhar, il cui grande Imam al-Tayeb ha definito “inaccettabile” questo attacco, potrebbe avere un significato importante?

R. – Indubbiamente, Al-Azhar rappresenta un’autorità morale essendo una delle università più qualificate nell’interpretare la legge islamica. Però, naturalmente, non basta una dichiarazione. Quello su cui insisto molte volte è che occorre una revisione di base del pensiero islamico, quello che molti musulmani chiamano il “rinnovamento”, la “riforma” del pensiero islamico in cui, tenendo presenti i vari fattori, si esclude la violenza, anche se nel passato c’è stata; si condanna la violenza e si sviluppa un Islam aperto all’incontro e al dialogo con le altre religioni e civiltà. E questo dovrebbe essere fatto a livello prima di tutto scolastico, a livello di ‘media’, che molte volte sono dominati da figure molto fondamentaliste e, soprattutto, a livello di predicatori nelle moschee. C’è tutto un lavoro culturale da fare. Io insisto molto su questo: l’Islam ha bisogno di una cosa che potremmo chiamare “rivoluzione culturale”. E noi dovremmo aiutare a liberare l’Islam da questo connubio di religione e politica per andare a sviluppare un Islam più umano, potremmo dire più aperto, fondato su un vasto consenso degli intellettuali musulmani, questo il punto che direi che manca molto: contrastare il pensiero violento con un altro pensiero che venga messo a disposizione di tutti.








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