2017-05-28 13:53:00

Genova. Card. Bagnasco: il Papa ha ridato ali a questa città


“Grazie al Santo Padre che ha ridato ali a questa città”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, il giorno dopo l’intensissima visita del Papa. “Non solamente ha scelto di venire a Genova – e questo per noi è stato ed è motivo di grande gioia, onore e gratitudine – ma anche perché il tour-de-force che gli abbiamo fatto fare lui e che lui ha seguito con grande gioia ed entusiasmo”. “Noi tutti speravamo che la visita, la presenza del Papa fosse per Genova, città e Chiesa, un colpo d’ala, e abbiamo avuto tutti l’impressione che ci sia stato, e che continuerà - non soltanto la cosa di un momento - ma continuerà un movimento, ci sarà un’accelerazione per la vita, il cammino, l’impegno della città e della nostra diocesi.

In tutto il viaggio c’è stato un dialogo costante tra lei e il Papa, il Papa e le persone che ha incontrato. Iniziando dall’Ilva, lei ha detto che era un incontro simbolico…

 “Si è voluto intensamente che questo incontro fosse proprio il primo, perché avesse un impatto anche simbolico particolare, che ha avuto. E il Papa lo ha condiviso perché sappiamo la sua attenzione verso il mondo della disoccupazione, verso i giovani, i meno giovani che perdono il lavoro o che non lo trovano”.

Ilva un nodo particolarmente grave
“In particolare, la presenza all’Ilva è stata simbolica, voluta, proprio perché rappresenta un po’ un nodo particolarmente grave; i lavoratori hanno risposto con molto entusiasmo, con molta gioia, con molto consenso e partecipazione hanno risposto al Papa. Tant’è vero che anche molte autorità presenti, non soltanto amministrative ma industriali, imprenditoriali sono rimaste colpite e certamente stimolate a fare dei passi decisivi in più”.

Genova è stata spogliata del tessuto industriale
“Genova ha voluto anche per questo motivo questo incontro, perché Genova è stata nei decenni – da tanti, tanti anni – a mio parere spogliata progressivamente del tessuto industriale lavorativo che l’ha sempre caratterizzata. Non so perché, e non è questo il momento per fare delle analisi, ma è un dato di fatto che è sotto gli occhi di tutti. Il porto, che è l’anima di Genova, evidentemente, la sua vocazione naturale, ha stagnato per tanto tempo: se andiamo indietro negli anni, nei decenni, per vicende note a Genova sia per quanto riguarda la città, ma anche per quanto riguarda i cambiamenti delle regioni e del Paese e anche dell’Europa”.

Il Porto del Sud verso il Nord dell’Europa
“Però, è indubitabile che il porto di Genova sia il porto non solo d’Italia, ma soprattutto del Sud verso il Nord dell’Europa e quindi questa vocazione non è qualcosa che si rivendica in modo astratto, ma che è scritta nel Dna della città, per il bene non solo della città, ma del Paese e dell’Europa stessa. Ci sono dei segnali positivi di ripresa, anche con il terzo valico che ormai finalmente – finalmente! – è un’opera che si concluderà e che sarà lo sbocco del mare di Genova verso il Nord Europa. La Svizzera, il Gottardo e innanzitutto il Piemonte e la Lombardia".

Cessi lo spacchettamento delle nostre industrie
“Quindi, dei segnali ci sono – non soltanto questi – però io spero proprio che cessi questo spacchettamento delle nostre industrie: dico “nostre” non in senso chiuso, campanilistico, delle industrie genovesi, anche perché dietro alla chiusura o all’indebolimento di ogni industria, sia a livello di management, di direzione, oppure a livello manualistico… c’è tutto lo scioglimento e la perdita di un “know-how” tecnologico-professionale che non si ricostruisce facilmente. Assolutamente. Quindi è estremamente miope: non si tratta soltanto di – come si dice oggi – razionalizzare meglio le forze, le energie, le risorse; si tratterà di farlo, ma bisogna stare attenti a non impoverire per sempre le capacità professionali, tecnologiche, manualistiche che non si ricostruiscono”.

I Cattedrale il Papa ha parlato alla Chiesa ligure di “uscire”, “andare verso”. La Chiesa genovese è molto attenta alla missionarietà …
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Sì, anche questo essere “Chiesa verso”, possiamo dire che sia un po’ inscritto nella configurazione di apertura del mare verso nuovi orizzonti, che richiede un coraggio – che il Papa, appunto, ha ricordato – il coraggio di andare al largo. Quindi, diciamo che la configurazione genovese è un continuo richiamo a quello che il Papa ha tradotto in termini di parola e di incoraggiamento, di stimolo”.

Genova preferisce fare piuttosto che parlare
“Ho detto – come ho detto anche al Santo Padre, di fronte a tutti – il carattere, il Dna, l’indole genovese non ama molto i proclami; a volte possiamo apparire un po’ rudi, un po’ orsi, un po’ freddi. In realtà, siamo capaci di grandi slanci e di grande entusiasmo e questo si è visto attorno al Santo Padre e non solo. Però, ripeto, si preferisce fare piuttosto che parlare. Anzi, tutte le volte che nella storia di Genova – anche piuttosto recente – si è incominciato a parlare troppo e a fare di meno, le cose non sono mai andate bene”.

L’operatività del clero di Genova vicino alla gente
”Se posso dire una caratteristica del nostro clero, della nostra gente, è quella di radicarsi molto tra la gente delle proprie comunità parrocchiali. Questo cercare – con tutti i nostri limiti, evidentemente: di noi sacerdoti, religiosi, religiose – questo volerci radicare molto nella vita quotidiana, nella pastorale ordinaria, a mio parere – a parere della Chiesa – è certamente un grandissimo valore e riflette anche quello che il Papa ha sempre detto: “State vicino alla gente”, e questo richiede “starci”, non svolazzare, certamente”.

Il pericolo della staticità
"Il radicamento sul territorio però “può includere anche il pericolo, il rischio di una staticità. Per cui da una parte si diventa, veramente la comunità cristiana diventa un riferimento: il parroco che sta lì, e certamente lo trovano, la gente lo sa ed è un riferimento importantissimo. Per tutti. Per tutti, a prescindere dalla fede. Però, questo rischio c’è. E allora, in questo senso, dobbiamo certamente stare attenti perché – come si dice a Genova – abbiamo sempre fatto così, ma che includa un valore e non diventi però un vincolo”.

Un incontro commovente per l’entusiasmo quello al Santuario della Madonna della Guardia con i giovani che hanno dialogato con il Papa. Che cosa l’ha colpita?
“Il cuore dei ragazzi che intuiscono quando qualcuno vuole loro bene, le parole poi arrivano al cuore. Intuiscono quando si parla di loro, di ciò che conta nel loro cuore, nella loro vita. E quando questa scintilla scocca, allora il mondo giovanile c’è, è presente ed esprime non solamente entusiasmo, calore, manifestazione, ma esprime attenzione, voglia di comprendere e di seguire una indicazione, una pista”.

Un rapporto che ha scintille
“Anche io ho sentito e sento questo rapporto che ha delle scintille, molte volte, in questi anni, l’ho sentito. Ne sono contento. Anche per la strada, quando giro, i ragazzi che mi fermano, magari perché li ho cresimati - ora hanno 20 anni - questa è una delle gioie più grandi per un vescovo. E certamente, verso il Santo Padre questa scintilla è evidente che si accende ogni volta che si fa presente”.

Non vivere come turisti
“Per quanto riguarda i contenuti direttamente credo che rimarrà tra le altre cose, la bella immagine di non vivere come turisti perché quelli non si fermano a guardare: solo fanno delle foto, ma non guardano e quindi non affrontano, non entrano nella realtà di una città d’arte, di un panorama, ma soltanto corrono sulla superficie. E’ un’immagine classica e direi che rende bene lo stile del consumismo. Genova spero che non diventi mai una città “turistica”: una città di turismo, sì, e questo lo sta diventando sempre di più; ma “turistica” nel senso di diventare incapace di guardare il Mistero, di meravigliarsi di fronte al mistero della vita, delle persone, della storia, questo spero proprio di no”.

Sempre al Santuario della Madonna della Guardia, il pranzo riservato del Papa con i poveri, i rifugiati, i detenuti … un’istantanea, se può regalarcela, di questo incontro che è stato descritto come “gioviale” …
“Certamente gioviale, sicuramente. Ho visto la gioia e l’interesse con cui il Papa ha parlato e poi me lo ha confermato. La stretta di mano a tutti, un sorriso a tutti, uno sguardo per tutti, uno per uno, erano 130, quindi … Poi i rapporti con i vicini, a tavola, mentre si condivide un piatto di qualcosa, evidentemente lì non solo si conoscono delle storie, ma si impara sempre qualcosa”.

Un incontro particolarmente toccante è stato quello al “Gaslini”. Questo ospedale è a lei è molto caro…
“L’ospedale Gaslini è particolarmente caro all’arcivescovo di Genova non solo per una tradizione – come si fa a non essere legati ai bambini, soprattutto sofferenti, e alle loro famiglie? – ma anche perché l’intuizione geniale del senatore Gaslini, il fondatore, che ha voluto che fosse l’arcivescovo della città a garantire una ispirazione cattolica. E quindi c’è anche questo legame particolarissimo".

La speranza che illumina il Gaslini
“Il Papa ha apprezzato la grandissima professionalità e l’umanità dei medici che ha incontrato e ha visitato alcuni reparti particolarmente delicati, dove ci sarebbe da piangere tutto il giorno per le situazioni [che vi si trovano]; però, nessuna situazione è vissuta – né dai medici né dalle infermiere, né dal personale in generale – con disperazione, ma con molta partecipazione e speranza, mettendo in atto una professionalità altissima”.

I genitori eroi, la vera Italia
“Anche di fronte ai casi più difficili, alle situazioni più difficili, presenti i genitori – che sono eroici, i genitori! – i professionisti erano sempre speranzosi. Sì, sì: oserei dire “ottimisti. Questo è un clima che si respira e che accompagna le terapie, gli interventi come un clima che fa già di per sé bene. Una realtà particolarissima – e il Papa ha visto anche questo – sono, ripeto, i genitori. Perché i bambini comprendono, non comprendono, dipende … Ma vedere i genitori, la cura, la dedizione, il sacrificio, spesso venendo da fuori, da lontano, il lavoro che si perde o comunque sospeso, e via dicendo, è qualcosa di eroico. Questa è la vera Italia".

La Messa nell’area della Fiera: l’impressione era che tutta Genova – e non solo – fosse confluita in questo grande incontro di preghiera con il Papa in Cristo …
“La Messa certamente è stato l’evento centrale, perché sappiamo cos’è, la Messa: è Cristo che si fa presente nel suo sacrificio, nel dono di se stesso, è la sorgente della Chiesa; e nello stesso tempo, quello è stato l’incontro del Papa con Genova”: perché tutti gli altri incontri erano di settore. Quindi, era il momento, quello, dove si sarebbe espresso visibilmente il cuore della città rispetto alla Chiesa e al Papa. Era il momento decisivo, era la manifestazione della realtà di “Genova verso””.

Un evento di grazia per il popolo di Dio
“E questo è accaduto, non come un momento – questo l’abbiamo detto sempre –, ma come una grazia. Non doveva essere, non voleva essere una manifestazione di cronaca importantissima, grande, da annali, ma un evento di grazia per il popolo di Dio che vive in questa diocesi, verso il Successore di Pietro e quindi verso la Chiesa universale. Questo abbraccio c’è stato, è stato commovente – io stesso sono rimasto sorpreso per l’affluenza, doppiamente commovente, commosso perché io non so se esista una situazione logistica come questa”.

Due vie e 100 mila persone
“Non avendo delle piazze per contenere 100 mila persone e oltre, bisogna impiegare le strade: qui c’erano due strade che confluivano sul palco della Santa Messa del Papa. Quindi anche logisticamente era una cosa insolita … e quindi doppiamente commovente, in questo senso”. L’intensità della preghiera, del canto, dell’attenzione alle parole del Papa, delle comunioni che nonostante il numero elevatissimo sono state fatte con grande ordine, con grande puntualità grazie a un’organizzazione capillarissima, tutto questo ha dato veramente quelle ali alla Chiesa di Genova di cui saremo sempre grati al Santo Padre”.

L’operosa macchina organizzativa e i volontari
“Grazie a tutte le autorità, che sono state di una disponibilità costante, non verbale, estremamente fattiva, operosa, perché la macchina organizzativa solo dal punto di vista della sicurezza è stata una cosa enorme. Tutti hanno partecipato con gioia, non solo per dovere: con molta gioia. Grazie anche allo stuolo dei volontari, di tutti i tipi, guidati dal Comitato di una cinquantina di persone, dove il mio vicario generale, mons. Doldi, è stato il grande artefice, il grande regista da mesi, mesi e mesi, a cui tutto confluiva, supportato naturalmente da questa grande macchina organizzativa. Ma le macchine bisogna saperle guidare: c’è riuscito!"

Che cosa ha significato questo evento, questo incontro, per lei?
“Per me, un grande atto di onore che il Papa ha voluto darmi, di attenzione e oso dire di più - perché anche l’ha detto lui in altri contesti pubblici - di affetto e di amicizia”.








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