2017-06-08 12:37:00

Iraq: tensioni per il referendum sulla secessione del Kurdistan


Tensione in Iraq dopo la decisione del presidente della provincia autonoma del Kurdistan, Mas'ud Barzani, di indire un referendum per l'indipendenza il prossimo 25 settembre. Politicamente, oltre che in Iraq, i curdi sono distribuiti in Turchia, Iran, Siria ed in misura minore in Armenia. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia:

R.  – Questa idea di dividere l’Iraq in tre era già il progetto americano, ai tempi della guerra: fare uno Stato curdo, uno sunnita e uno sciita. E io mi chiedo: dietro questo potrebbe esserci un disegno di divisione che scatena le rivalse di tanti e, quando c’è divisione, è più facile controllare il territorio.

D. – La parte del Kurdistan è rifugio per tanti profughi nella lotta contro lo Stato islamico; cosa potrebbe succedere alle minoranze?

R.  – Sicuramente il Kurdistan iracheno valorizzerà il fatto che grazie a loro, nel loro territorio, sono state protette le minoranze contro il sedicente Stato islamico. Credo che questo diventerà un cavallo di battaglia per il referendum. Ciò da una parte è vero; dall’altra però le minoranze cosa dovranno fare? Inchinarsi al governo curdo. Ma l’Iraq è pieno di minoranze, di espressioni etniche religiose… Il bello dell’Iraq è il sapere che tu puoi incontrare l’imam, lo yazida, il caldeo…. Perché non scommettere, non impegnarci come comunità internazionale a difendere questo mosaico piuttosto che valorizzare la divisione? Ho un po’ di paura e un po’ di preoccupazione che si vada verso una divisione, un rilancio delle autonomie… Cosa succederà in quell’area già martoriata?

D. – Rimangono aperti poi interrogativi importanti come quello della città di Kirkuk?

R. – Kirkuk fa troppo gola, è un luogo con tanti pozzi petroliferi. Avere Kirkuk vuol dire avere tante ricchezze. Io ci sono stato, c’erano già le frontiere curde che dividevano uno Stato che non esisteva, che era il Kurdistan; quindi adesso ancora di più. Il rischio è che la comunità internazionale sposi già questa  linea prima ancora del referendum. E poi però restano le domande: e Mosul che fine farà? E il resto del territorio? E tutta la Piana di Ninive verrà annessa? E, come dicevo, le minoranze come sono?

D. – Si rischia un effetto domino in Turchia, Siria, Iran e in misura minore in Armenia, cioè nei territori dove sono presenti i curdi?

R. – Potrebbe esserci un effetto domino. Non so le conseguenze. Io ho davanti i Balcani: non possiamo “balcanizzare” il Medio Oriente perché sta peggio. Ma se il disegno politico è questo, sicuramente rischia di riaccendere un mucchio di focolai e anche qualcosa di più che non va nella direzione della pace.








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