2017-06-08 15:02:00

Telefono Azzurro 30 anni dalla parte dei bambini. Caffo: politiche arretrate


Trent'anni fa nasceva in Italia Telefono Azzurro, l’associazione per i diritti dell’infanzia, nota in tutto il mondo per il suo impegno operativo in aiuto dei minori, in collaborazione con le Forze dell’Ordine per le emergenze e con gli enti preposti sul territorio per una risposta ad ampio raggio. Roberta Gisotti ha intervistato il suo fondatore e presidente, il neuropsichiatra infantile Ernesto Caffo:

Otto sedi, oggi, in diverse città d’Italia, dove vengono raccolte e smistate attraverso la linea 1.96.96, attiva 24 ore su 24 per 365 giorni, tutte le segnalazioni e richieste d’aiuto su casi di abusi, maltrattamenti e violenze sui minori. A comporre il numero sono gli stessi bambini o ragazzi o gli adulti testimoni o informati sui fatti delittuosi. Prof. Caffo avete quantificato in questi 30 anni il vostro lavoro, quante chiamate, quanti casi risolti?

R. – Noi abbiamo ricevuto centinaia di migliaia di telefonate. Abbiamo gestito 68mila casi. Devo dire che negli ultimi anni i casi sono aumentati, anche perché abbiamo gestito non solo linee di consulenza telefonica ma anche linee di emergenza: il 114, il 116.000 per i bambini scomparsi. Questo ha portato ad un aumento progressivo delle segnalazioni che avvengono oggi, non solo attraverso il telefono ma anche attraverso le chat e i social. È ancora una punta emergente di un grande ‘iceberg’ che resta ancora molto nascosto.

D. - Professore, proprio Internet vi ha - come dire - costretto ad ampliare il vostro raggio di azione. Ci sono molte problematiche che 30 anni fa non esistevano …

R. - Internet che oggi rappresenta per i bambini e per gli adolescenti una parte importante della loro vita quotidiana fonte di scambi, di contatti, di relazioni, di immagini, che ha aumentato i rischi per i ragazzi. D’altra parte però, la parte positiva è che i ragazzi hanno più facilità nel chiedere aiuto. Questo ci permette di trovare risposte nuove. La rete, permette sia da parte delle istituzioni che delle grandi aziende e anche servizi come il nostro, di costruire una cultura preventiva che permetta ai ragazzi di essere più attenti alle loro immagini e anche a segnalare situazioni che li vedono coinvolti.

D. – Ripensando alla sua intuizione e determinazione nel fondare Telefono Azzurro nel 1987, quali sono gli elementi di soddisfazione e quali elementi anche di frustrazione, di cose che potevano essere fatte e ancora non vengono fatte?

R. – Sicuramente la soddisfazione è quella di aver visto crescere la consapevolezza che l’infanzia e l’adolescenza vanno tutelate, vanno ascoltate, vanno protette. La frustrazione è nella parte più operativa. Le risorse nel Paese per l’infanzia non sono cresciute, molte forme di abuso e di violenza restano senza risposte adeguate. Ci sono fenomeni nuovi come quello della tratta di minori, che non hanno ancora né da parte delle diverse realtà sociali, sanitarie e anche giudiziarie le necessarie competenze per essere affrontati. Quindi c’è da fare ancora un grande lavoro. Vediamo nel Parlamento una sensibilità relativa su questi temi, come se la politica non vedesse i bambini come soggetto di diritto. Diciamo che nel nostro Paese purtroppo l’attenzione non è cresciuta come sarebbe stato necessario.

D. - Celebrando questo anniversario, ha un appello da rivolgere a qualcuno in particolare per fare di più, da subito?

R. - L’appello da fare è indirizzato un po’ a tutti gli adulti, che hanno un ruolo importante. Anzitutto ai genitori che devono investire di più nell’ascolto ai bambini e passare più tempo con loro, non solo nei primi anni di vita ma anche in un’età delicatissima come quella dell’adolescenza; poi agli insegnanti di fare molto di più perché possano essere non solo maestri nella didattica ma maestri di vita; e in generale a tutti di far sì che i bambini siano al centro delle nostre relazioni, perché l’infanzia è un patrimonio insostituibile.








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