2017-06-09 10:34:00

Macerata-Loreto: 39° appuntamento del Pellegrinaggio notturno


Sabato sera 11 giugno ritorna il 39° appuntamento con il Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, iniziativa che raduna ogni anno decine di migliaia di fedeli. Il cammino notturno si conclude con l’arrivo alla Santa Casa di Loreto, dopo un percorso di 28 km tra i suggestivi paesaggi delle colline marchigiane. “Mi ami tu?”: è la domanda che accompagna questa edizione e la riflessione a cui è chiamato ogni pellegrino. Giulia Bedini ha intervistato mons. Nazzareno Marconi, vescovo della diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia:

R. – Il pellegrinaggio è frutto di un’intuizione del vescovo Giancarlo Vecerrica che continua ad essere il grande animatore di questa iniziativa. Era un insegnante di religione qui a Macerata ed insieme ai suoi alunni cominciò a vivere questa esperienza del pellegrinaggio in preparazione agli esami di maturità, come un segno di devozione alla Madonna e come desiderio di un bel discernimento per la vita dei suoi ragazzi. Il pellegrinaggio è cresciuto: ci sono intere generazioni che ormai lo hanno vissuto. E’ un’esperienza umana, bella da vivere e che testimonia un popolo che cammina.

D. - Cosa vuol dire intraprendere un pellegrinaggio per un cristiano?

R. – Vuol dire prendere coscienza di quello che siamo, perché noi siamo pellegrini su questa terra e in cammino verso la patria del Cielo. Questo, però, non vuol dire che siamo estranei alla terra: viviamo in essa come un pellegrino che ama le realtà che incontra e si mette in relazione con le persone, sentendole compagne di viaggio. Il cristiano non considera nessuno straniero o lontano: siamo tutti stranieri o compagni di avventura.

D. – La marcia è accompagnata da una domanda: “Mi ami tu?”. Che significato ha per ogni pellegrino?

R. – Mi piace ricontestualizzare questa domanda: Gesù la fa a Pietro dopo essere stato rinnegato e dopo essere risorto. E’ una domanda che vuole aiutare Pietro a capire i suoi errori, restituendogli però tutta la fiducia che il Signore gli ha dato: “Pasci i miei agnelli”. Per cui ci dice chi siamo: noi siamo dei rinnegatori perdonati; per tanti versi siamo le pecore del gregge di Dio, mentre per altri siamo un po’ pastori dei nostri fratelli e ne condividiamo la responsabilità e l’affetto. Mi colpisce, soprattutto, che Pietro non osi dire a Gesù “Ti amo”, ma gli dica con molta umiltà “Ti voglio bene”. Oggi abbiamo un po’ banalizzato le parole: “ti amo”, è una cosa che vuol dire tutto e niente. Pietro ci insegna che questa espressione rivolta verso Gesù è una cosa seria. Dire a Gesù “Ti amo” per un cristiano è una realtà estremamente impegnativa. Per cui ne prendiamo coscienza dicendo a Gesù: “Ti voglio bene; aiutami a camminare perché io possa dire un giorno ‘Ti amo’ ”.

D. - Papa Francesco ha espresso la sua vicinanza con audio-messaggi rivolti ai pellegrini negli anni passati. Quanto è importante tale sostegno?

R. – Lo si vede guardando in faccia le persone allo stadio, quando si sente la telefonata del Papa. Sentiamo il suo incoraggiamento a vivere l’esperienza in una maniera forte, significativa. Vorrei che la gente sentisse che il Papa ci sta vicino.








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