2017-06-13 12:49:00

Gb: difficoltà per la premier May. Ieri visita a Parigi


A Londra si complica il tentativo della premier, Theresa May, di  formare il nuovo governo, dopo il deludente risultato per i conservatori alle ultime elezioni. Ieri l’incontro con gli unionisti nordirlandesi non ha dato i frutti sperati e la May potrebbe guardare a maggioranze diverse. Intanto, si avvicina il negoziato sulla Brexit, e in serata, nell’incontro a Parigi con la May, il presidente francese, Macron, ha ribadito la stretta vicinanza tra Francia e Gran Bretagna. Il servizio di Giancarlo La Vella:

“La porta dell’Unione Europea rimane sempre aperta per Londra”. Dopo una giornata deludente sul fronte interno, la May incassa da Macron una fiducia almeno sufficiente al varo di un piano d'azione congiunto, annunciato ieri, contro la promozione del terrorismo via internet. Intanto si allungano i tempi per il governo. Non è stato decisivo l’incontro della May con Arlene Foster, leader degli unionisti nordirlandesi: 10 deputati, essenziali a raggiungere una maggioranza assoluta sia pure di un paio di voti. All’orizzonte forse un’apertura ai laburisti. In questa situazione si allontana il progetto di una hard Brexit, per virare su una separazione più graduale dall’Unione Europea. Sentiamo Adriana Cerretelli, corrispondente a Bruxelles del Sole 24 Ore.

R. – Prima il "divorzio" avrebbe dovuto essere totale, cioè uscita dal mercato unico e uscita dall’unione doganale, non riconoscimento delle sentenze della Corte di Giustizia Europea, non riconoscimento della libertà di movimento ai cittadini europei nel Regno Unito. La soft Brexit invece prevede, certamente un divorzio, ma amichevole, nel senso che si possono mantenere i contatti. Bisognerà vedere naturalmente entro quali limiti; quindi rapporti con il mercato interno, “no” alla rottura dell’unione doganale e, per i cittadini britannici ed europei, la possibilità di una circolazione secondo regole più o meno da stabilire. Naturalmente poi c’è la questione finanziaria: i famosi 100 miliardi che l’Europa pretende dalla Gran Bretagna, semplicemente perché rispetti gli impegni assunti fino al 2020. La Gran Bretagna ha sempre detto di no. Ora, una Brexit più amichevole, vedrà sicuramente una trattiva su questo punto, nella quale ci sia un riconoscimento almeno parziale – bisognerà veder in che misura – degli impegni presi.

D. - Quindi una Gran Bretagna che potrebbe mantenere dei contatti abbastanza solidi con Bruxelles pur rivolgendosi - si immagina - maggiormente agli Stati Uniti …

R. – La carta americana, dopo che la visita di Trump alla Nato non ha, per la prima volta nella storia del Dopoguerra, ribadito il riconoscimento del rapporto di solidarietà interatlantica, non so quanto resterà privilegiata. Sarà tutto da verificare. Per cui credo che, alla luce dell’America di Trump, forse, tutto sommato, il ripensamento soft, che gli inglesi hanno espresso attraverso il risultato elettorale, abbia un senso al posto della rottura dura con l’Europa, che, in questo momento di grandi cambiamenti degli equilibri globali, non so quanto possa essere negli interessi degli inglesi.

D. - Un argomento su cui non sarà possibile non dialogare, anche alla luce degli ultimi eventi, è quello della sicurezza in chiave antiterrorismo …

R. - Naturalmente. Anche questo è un aspetto – come la difesa – che implica un rapporto costruttivo con l’Europa, soprattutto se si dovesse allentare il rapporto transatlantico. Sia gli inglesi che gli europei hanno gli uni bisogno degli altri; hanno bisogno di sinergie nell’intelligence, nelle politiche si sicurezza. Quindi direi che il buon senso – se prevarrà – porterà a intese più o meno strette, ma intese, secondo me, ci dovrebbero essere nell’interesse reciproco.








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