2017-06-14 15:10:00

Mons. Viganò: Chiesa e comunicazione, dal Concilio ad oggi


Dal Concilio Vaticano II ad oggi, l’approccio della Chiesa alla comunicazione è cambiato così come è profondamente cambiato il contesto comunicativo. A fotografare le tappe di questo percorso è l’intervento di mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, oggi pomeriggio alla IX edizione della Summer School, organizzata dal Centro di Ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa per il Movimento Cristiano Lavoratori. L'incontro è in corso da oggi fino al 17 giugno presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. “Chiesa e comunicazione. Dall’Inter Mirifica a Papa Francesco”: il tema della relazione di mons. Viganò. Il servizio è di Debora Donnini:

Quella che si è compiuta negli anni è una vera e propria rivoluzione della comunicazione: dai media separati, uno schermo, una radio, un giornale, a quelli che sono ormai ambienti di vita e relazione. La rivoluzione della comunicazione nell’era digitale su cui si interroga quest’anno la Summer School offre l’occasione a mons. Dario Edoardo Viganò di riflettere su come la Chiesa abbia cambiato anch’essa il suo approccio.

Si parte dal Concilio Vaticano II. L'interesse dei media cresce via via sempre di più: si moltiplicano i servizi, le inchieste, le trasmissioni. Ed è proprio il decreto del Concilio Inter Mirifica a segnare per la prima volta in maniera ufficiale la presa in carico delle comunicazioni di massa da parte della Chiesa cattolica. Una tessera fondamentale, dunque, nel mosaico che mons. Viganò propone per ricostruire questo tratto di storia. E la pietra miliare fu proprio che la Chiesa iniziò a “utilizzare gli strumenti di comunicazione di massa, pur se concependoli ancora come un megafono mediante il quale annunciare il Vangelo, con la convinzione sottostante che maggiore fosse stata la quantità dei mezzi di comunicazione, più ampia sarebbe risultata l’efficacia della comunicazione stessa”. Rimarcato anche il ruolo centrale della Chiesa nello sviluppo dell’industria culturale del Paese. Basti pensare che negli anni ’60, la metà delle 12mila sale cinematografiche sono cinema parrocchiali. Tappe di questa ricca storia sono, poi, la nascita del Centro Televisivo Vaticano nel 1983,  e la Chiesa italiana che nel 1998 progetta Sat2000, oggi Tv2000.

Alle soglie degli anni Duemila con i media digitali, si inizia quindi a delineare quella condizione postmediale in cui non si può stabilire cosa sia mediale e cosa non lo sia: non si è più dentro o fuori i media, ma i media siamo noi, diceva Ruggero Eugeni. Una storia che arriva fino a noi. La Chiesa sta, infatti, oggi vivendo una nuova tappa voluta da Papa Francesco con la Lettera Apostolica in forma di Motu proprio con la quale ha istituito la stessa Segreteria per la Comunicazione guidata da mons. Viganò. Le strade da percorrere per annunciare il Vangelo sono ormai anche digitali, affollate di umanità. Una sfida colta da Francesco che “ha chiesto un grande sforzo a tutti i media vaticani affinché si mettano in gioco in un processo di ripensamento e di riqualificazione”. Non solo.

Papa Francesco è lui stesso “social” cioè, dice mons. Viganò, “accetta di entrare nei selfie, twitta” e la sua stessa comunicazione è contraddistinta, in primo luogo, dalla “gentilezza”, ricorre a messaggi semplici, contrasta l’autoreferenzialità, la sua voce arriva a tutti ancorandosi alla vita quotidiana con il suo stile narrativo. La parola d’ordine è prossimità. Ma soprattutto la sua narrazione non è opponente ma inclusiva: nessuno viene tagliato fuori dall’annuncio del Vangelo. “Sa perfettamente – rileva mons. Viganò - che il problema di comunicazione della Chiesa non è un problema esclusivamente di tecnologie”. “Non si tratta quindi - spiega ancora il prefetto della Segreteria per la Comunicazione - di trasferire i medesimi contenuti dei bollettini parrocchiali dalla carta stampata al portale, bensì di operare una convergenza digitale, ossia di elaborare contenuti multimediali, immagini, videonews e podcast, sfruttando tutto il potenziale della Rete per collegare popoli e culture”.

La questione supera dunque la pur necessaria competenza mediale su linguaggi, formati e strumenti: l'invito è a “rinascere dall’alto” perché la nostra vita e la nostra comunicazione siano opera dello Spirito.








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