2017-06-16 14:29:00

Ancora milioni le vittime della siccità e carestia nel mondo


Sono oltre 30 milione le persone che soffrono la fame a causa della siccità in Sud Sudan, Corno d’Africa e nel bacino del lago Ciad. Questa è solo una delle emergenze emerse in occasione della Giornata Mondiale contro le desertificazioni indetta dalle Nazioni unite, che viene ricordata oggi. E secondo un recente rapporto della Commissione europea, l’esposizione globale ai rischi delle catastrofi naturali è addirittura raddoppiato negli ultimi quaranta anni. Marina Tomarro:

In Etiopia sono oltre sette milioni, le persone che a causa della siccità soffrono gravemente la fame e in Somalia nel 2011 la carestia ha causato 260mila morti, molti dei quali bambini. Sono dati impressionanti quelli che raccontano il dramma della carestia e siccità nel mondo, con una particolare attenzione per l’Africa. Maddalena Grechi responsabile alla comunicazione di Agire, la rete italiana che raggruppa diverse organizzazioni umanitarie non governative:

R. – Diciamo che ormai desertificazione e siccità sono fenomeni che riguardano alcune aree del mondo in particolare, ma ci riguardano tutti molto da vicino, perché trasformano aree che una volta erano adatte all’agricoltura in aree prive di coltivazioni. Questo, soprattutto nelle zone che si sviluppano sull’economia rurale, causa la perdita di raccolti, la mancata possibilità di nutrire il bestiame e quindi la perdita totale delle fonti di sostentamento per le popolazioni rurali che, di conseguenza, si spostano alla ricerca di altre fonti di sostentamento. In alcune zone del pianeta, in particolare in Africa, assistiamo a situazioni socio-economiche veramente al limite della sopravvivenza umana, legate agli effetti combinati di siccità, conflitti, spostamenti forzati e collassi dei sistemi economici.

D. – Quali sono i Paesi maggiormente colpiti da questo fenomeno?

R. – Il Sud Sudan sicuramente, dove è stato dichiarato lo stato di carestia già nel mese di febbraio; la Somalia, che ha già patito una pesantissima carestia nel 2011, che ha causato la morte di 260 mila persone; i Paesi intorno alla Somalia, quindi in particolare Etiopia e Kenya. Ma, appunto, il fenomeno riguarda tutti, perché anche in Europa lo scorso 2016 è stato il terzo anno consecutivo più caldo e questo impatta sull’agricoltura, sicuramente: è di pochi giorni fa l’allarme della Coldiretti che denuncia che il livello idrometrico dei principali corsi d’acqua italiani è molto basso e che le conseguenze sull’agricoltura sono molto pesanti. L’invito è un po’ a considerare il mondo come un unico sistema e non come un insieme di parti disgregate.

D. – Quali potrebbero essere allora le soluzioni da adottare in questo caso, per evitare carestie e siccità?

R. – L’invito è quello di riuscire a dare attenzione a questi segnali in tempi utili, e non di ridursi al momento in cui bisogna attuare interventi salva-vita perché le persone già stanno morendo di fame. L’Accordo di Parigi sicuramente gettava le basi per un contenimento dell’innalzamento della temperatura media; il fatto che il presidente Trump abbia deciso di non rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi, è un segnale forte che noi speriamo che non venga seguito da altre potenze internazionali: speriamo, cioè, che si continui a mantenere alta l’attenzione sui rischi che tutto il pianeta corre e quindi i governi continuino ad attuare politiche volte al contenimento degli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici.








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