2017-06-16 14:00:00

Russiagate: Trump indagato per ostruzione alla giustizia


Doccia gelata per Donald Trump, indagato per ostruzione alla giustizia, nell’ambito del cosiddetto “Russiagate”, ovvero sul ruolo che Mosca ha avuto nella sua campagna elettorale. ''Stiamo assistendo alla singola caccia alle streghe piu' grande della storia politica americana'', il commento di Trump. Un reato grave quello per cui è indagato il presidente degli Stati Uniti, che rischia di farlo mettere sotto cosiddetto impeachment, ma che tuttavia conta di poter giocare la partita del suo potere politico, come spiega, al microfono di Paola Simonetti, Ferdinando Fasce, docente di storia Americana all’università di Genova: 

R. – Il reato consiste, appunto, in quello che si è detto, cioè in una azione che cerca in qualsiasi modo – attraverso pressioni, attraverso vari interventi da parte di un soggetto – di impedire alla giustizia di seguire il suo corso. In questo caso, nello specifico, i motivi sono dati dal fatto che il presidente avrebbe chiesto all’ex-direttore dell’Fbi di non indagare sul suo ex-consigliere, Flynn, e sui suoi rapporti con Mosca, e in secondo luogo avrebbe licenziato lo stesso – a questo punto, dopo il licenziamento “ex-direttore” dell’Fbi - perché non aveva accettato di seguire le sue indicazioni. Quindi, questo è il meccanismo. Si tratta di aggiungere, però, che dal punto di vista strettamente giuridico l’operazione poi di messa sotto inchiesta del presidente è riservata – secondo la procedura – alla Camera: quella è poi un’operazione di natura politica …

D. – A suo tempo Nixon, nel 1972, si dimise prima che l’impeachment fosse approvato. Secondo lei, Trump potrebbe essere capace di una mossa simile?

R. – Prima di tutto, in quel caso siamo al secondo mandato di Nixon, all’interno del secondo mandato. Qui siamo al primo mandato, dopo pochi mesi: quindi, c’è una bella differenza. Secondo: Nixon aveva contro tutto il Congresso, perché il Congresso era democratico. Questa è la seconda differenza. Terzo: quando Nixon si dimette, è perché il meccanismo di indagine è già partito. Allora, pur di evitare la valutazione – prima della Camera e poi del Senato – Nixon decide di farsi da parte. Qui, invece, siamo all’inizio della presidenza, cioè abbiamo un presidente che ha dalla sua tutto il Congresso repubblicano; per cui, si tratta di vedere … E’ da pensare che Trump pensi di potersela giocare, perché qui poi entra in campo il fatto che cosa è più dannoso per i Repubblicani del Congresso: difendere il presidente o no, in vista delle elezioni di metà mandato di novembre 2018? Questo sarà il grande terreno di negoziazione tra il presidente medesimo, il suo partito e il Congresso, che è controllato per ora dal suo partito.

D. – Trump, in realtà, nelle ultime ore ha già annunciato le prossime mosse politiche: blocco del flusso di denaro ai militari e ai servizi di sicurezza di Cuba e l’invio di altri 4 mila soldati in Afghanistan. Lui è sempre imprevedibile e anche repentino, molto disinvolto, nel mettere mano a questioni delicate, soprattutto estere. Possiamo definirle mosse un po’ muscolari, anche un po’ dimostrative?

R. – Sono mosse diversive. C’è tutta una storia di tradizioni di presidenti che giocano la carta estera che richiama sempre le emozioni, l’idea della sicurezza nazionale, “sto facendo qualcosa in quanto presidente, cruciale per la sicurezza nazionale”, che è un po’ come dire: “Lasciatemi lavorare, non infastidite, non date fastidio al manovratore che è impegnato a difendere la sicurezza nazionale e i destini internazionali del Paese”.








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