2017-06-20 18:15:00

Il sistema preventivo di Don Bosco per accogliere i minori migranti


“Il lavoro di accoglienza dei migranti, e dei minori non accompagnati, è un fenomeno estremamente complesso. Non si risolve se non facendo sistema fra tutti gli attori implicati nei processi di accoglienza ed inclusione. I salesiani, da sempre, sono esempio di integrazione”. Si aperta oggi con le parole di Paolo Rozera, direttore generale di Unicef-Italia, la Tavola rotonda organizzata dal Centro Nazionale delle Opere Salesiane, intitolata “Ero Forestiero. L’impegno salesiano in Italia a favore dei giovani migranti e rifugiati”, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato. Moderatrice dell’ìncontro la giornalista Roberta Gisotti.

Solo nel 2016 in Italia sono sbarcati 25.846 minori non accompagnati: 1 migrante su 6 era un minore solo. Solo 6 mila, però, hanno chiesto asilo. Da parte loro, i “Salesiani per il sociale - Federazione SCS”, hanno attivato servizi per 207 minori non accompagnati e per l’accoglienza di profughi e rifugiati, che hanno raggiunto 262 persone. Inoltre, sono stati attivati corsi di lingua italiana per 677 stranieri e progetti di inserimento lavorativo per 96 persone.

“Negli ultimi 5 anni – ha dichiarato Andrea Pecoraro, direttore dell’area accoglienza minori dell’UNHCR - il sistema di accoglienza è cresciuto dalle 5 mila unità del 2013 alle 180 mila dell’ultimo anno. Sulla carta abbiamo un buon sistema legislativo di tutela dei minori non accompagnati, non ultima l’istituzione della figura del tutore volontario e la garanzia del diritto del minore di relazionarsi con il personale competente in materia di accoglienza. Anche qui l’esperienza salesiana è decennale ed ha fatto scuola. Tuttavia ci chiediamo – ha proseguito Pecoraro – per quale ragione molti minori si spostano dal nostro Paese, mettendo nuovamente a repentaglio la propria vita per raggiungere altri Paesi. Dobbiamo lavorare perché la triplice vulnerabilità di questi giovani migranti, ovvero l’essere minori, stranieri e non accompagnati, possa essere attenuta da una rete di sostegno anzitutto umano e sociale, affinché questi giovani non si sentano più soli”.

Storicamente i Salesiani sono stati i precursori di alcune linee operative seguite successivamente da altre istituzioni governative e non governative, proponendo dei  percorsi di inclusione che, dopo la prima accoglienza, prevedono un inserimento nei percorsi scolastici e formativi, con l’obiettivo di promuovere nei giovani rifugiati un necessaria esperienza di cittadinanza perché diventino, come direbbe D. Bosco, “buoni cristiani, onesti cittadini e bravi lavoratori”.

Filomena Albano, Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ha concluso i lavori approfondendo proprio la figura del tutore volontario per i minori non accompagnati. “Non stiamo parlando del tutore patrimoniale dei minori orfani. Sino ad oggi solo le figure amministrative territoriali (sindaci o assessori) ricoprivano il ruolo di tutela per i minori non accompagnati, rendendo il sistema ingestibile. Avvalendosi di alcune esperienze territoriali virtuose, il legislatore ha voluto prevedere la figura del tutore volontario, ovvero un privato cittadino che dovrà assolvere alle cure del minore, divenendo un modello di genitorialità sociale e di cittadinanza attiva cui dovrebbe tendere il nostro paese”. Ma già dopo la promulgazione della legge 47/7, sorgono alcune criticità. “La prima questione è che il tutore è nominato dal giudice. Questo comporta che i tempi di nomina del tutore risentono delle lentezze generali del sistema giudiziario. Il secondo nodo è che la nomina a tutore di un privato cittadino, dovrà essere coordinata e concordata fra il garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza, il tribunale civile ordinario e quello per i minorenni. Ciò nonostante – ha concluso Albano – resta intatto il nostro obiettivo che condividiamo pienamente con i Salesiani, e che fa leva sul valore dell’uguaglianza affinché torni ad essere un effettivo diritto delle persone, soprattutto quelle che soffrono condizioni di maggiore vulnerabilità”.  (A cura di Giorgio Pezza)   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 








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